"THE END"

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giovedì 25 aprile 2013

Le agenzie fashion a caccia di anoressiche

                                                                                                Si è scoperto di recente che alcune agenzie svedesi per modelle hanno passato al setaccio la più grande clinica per il ricovero di persone affette da disordini alimentari, alla ricerca di nuovi “talenti” da mettere in passerella. Medici e dirigenti dello Stockholms Centrum för Ätstörningar (Centro per i disordini alimentari di Stoccolma) ne sono stati testimoni, e hanno dichiarato che in molti casi numerose pazienti sono state approcciate da “scopritori di talenti”.
«Si tratta di un fatto assolutamente riprovevole», ha dichiarato il primario della clinica Ana-Maria af Sandeberg. «Questi presunti talent-scout se ne stavano fuori dalla clinica abbordando ragazze, in particolare le più magre. Questo atteggiamento lancia un messaggio sbagliato a persone che stanno affrontando un percorso di cura indirizzato a salvare la loro vita». In risposta, la dirigenza medica della clinica ha riorganizzato le tabelle di visita delle pazienti, per evitare che gli agenti di moda avvicinassero le ragazze nel loro tempo libero o durante le passeggiate attorno alla struttura.



La rappresentazione delle iniziative prese da questi sciacalli del fashion data da medici testimoni restituisce un’immagine di questi talent-scout a metà tra il gelido spacciatore e il mellifluo maniaco sessuale, appostati all’esterno di una scuola ad attendere vittime ingenue. «Se ne stavano fuori dall’edificio aspettando che le ragazze uscissero per una passeggiata», ha aggiunto la dottoressa Sandeberg. «Una delle ragazze avvicinate era sulla sedia a rotelle, essendo troppo emaciata per camminare con le proprie gambe». E gli obiettivi preferiti erano le ragazzine tra i 14 e i 15 anni.

Il cambio degli orari e una vigilanza rafforzata sulle pazienti sembra aver risolto il problema. E tuttavia la clinica di Stoccolma non ha reso noto il nome delle agenzie che facevano la posta alle pazienti. Ciononostante, la notizia ha suscitato subito la excusatio non petita di uno dei più grandi operatori svedesi e mondiali nell’ambito della moda, la Elite, il cui direttore si è subito affrettato a definire l’accaduto «disgustoso e non etico», assicurando che agenzie grandi, rinomate e responsabili non potrebbero mai agire in questo modo bieco.

Secondo le ultime statistiche, l’anoressia è la malattia con la più alta incidenza di mortalità tra le patologie psichiatriche. In Italia, sul totale di chi ne soffre, il 40 per cento guarisce in modo definitivo, il 35 si stabilizza in un equilibrio precario, il 20 cronicizza il disturbo e il residuo 5 muore. Percentuali preoccupanti perché non tengono conto di una grande quota di sommerso, ossia le persone malate, in prevalenza donne ma con una quota crescente anche di uomini, che però non riconoscono, agli altri e a se stesse, di essere affette da questo tipo di patologia, e quindi ricorrono alle cure troppo tardi, o non vi ricorrono affatto.

Gli psichiatri concordano che l’emergere dell’anoressia ha cause molto spesso interiori. In linea di massima quelli che ne restano vittime sono persone istruite, con aspettative molto elevate su se stesse. E per le quali un’eventuale sconfitta origina frustrazioni tali da indurle a dirottare il loro dramma sul rifiuto del cibo, per occuparsi di una nuova problematica. Una sorta di esorcizzazione del non raggiungimento dei traguardi prefissati. Ma è sulla definizione di questi traguardi che è opportuno riflettere, anche alla luce delle iniziative ciniche da parte delle agenzie di moda svedesi.

Il fashion e tutto ciò che vi ruota attorno rappresentano la crosta più fatua di un sistema basato sul benessere, sull’opulenza e sull’apparire. Un sistema incardinato sui consumi, e sull’esibizione della ricchezza simboleggiata da simulacri griffati, impone modelli fisici ed estetici al sentire comune, inducendo nuove malattie e nuove cause di morte. L’economia della moda, che nulla ha a che fare con l’eleganza e la bellezza, salvo rarissimi casi, ha l’obiettivo unico, come ogni apparato votato all’utile, il profitto. E per ottenerlo ha necessità di suscitare bisogni inesistenti.

L’effetto indesiderato è anche l’anoressia. Fissare a livello socio-culturale il confine entro il quale si è in, essendo magrissime e in grado di indossare i capi delle mannequin, oppureout, perché sovrappeso o prive della bellezza eterea degli zombie da passerella, taglia fuori un’ampia platea di persone “normali”. Che a fronte di debolezze interiori magari pregresse, possono affamarsi fino alla morte.

Un prezzo accettabile per l’industria della moda, che fa a gara, quanto a cinismo e a mancanza di etica, checché ne dica il direttore dell’agenzia Elite, con quella dei colleghi squali di altri settori economici. Forse anche per questo, alla fine, indigna ma non stupisce che agenzie di moda mandino i propri talent-scout ad abbordare ragazzine in bilico sulla morte, di fronte a una casa di cura per anoressiche.
Davide Stasi
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