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lunedì 22 aprile 2013

Corpo, simulazione incarnata, intersoggettività

Dalla Tesi di Laurea: Corpo, simulazione incarnata, intersoggettività 
di Marco Biagioli
- Scaricabile per intero a fine testo.

Il corpo è lo strumento con cui attraversiamo il tempo della vita (Becarelli), prodotto della rete dei simboli e della cultura di ogni epoca. Sul corpo si stratificano sensi e significati tali da renderlo oggetto privilegiato di riflessione e di indagine. Esso si afferma come uno strumento di primo piano nelle relazioni umane per il potenziale comunicativo straordinario, originale ed unico, che intende rappresentare. Come possiamo rappresentarci il rapporto mente-corpo (o mente-cervello-corpo) e il ruolo degli altri nella costruzione della persona? Il gruppo di Parma del prof Rizzolatti è tra coloro che maggiormente hanno contribuito a portare avanti queste ricerche. In questa nota se ne fornisce una sintesi.
La persona è un sistema di interconnessione tra cervello e corpo che interagisce in modo situato con uno specifico ambiente popolato da altri sistemi cervello corpo (Gallese).
La simulazione incarnata è un meccanismo di base di comprensione delle azioni e delle emozioni che agisce prima di ogni mediazione concettuale e linguistica e da forma alla nostra esperienza degli altri. Incarnata in quanto agisce a livello dei neuroni specchio: per l’uomo percepire una azione e comprenderne il significato equivale a simularla dando luogo a una riproduzione automatica, non consapevole e pre-riflessiva, anche degli stati mentali dell’altro. Si tratta di una modalità di funzionamento di base del nostro cervello in qualsiasi relazione interpersonale ed è il correlato funzionale dell’empatia la sua base neuro fisiologica (Gallese). Grazie alla simulazione incarnata non assistiamo solo ad una azione, emozione o sensazione; ma, parallelamente, nell'osservatore vengono generate delle rappresentazioni interne degli stati corporei associati a quelle stesse azioni, emozioni e sensazioni, “come se” stesse compiendo un'azione simile o provando una simile emozione o sensazione.

Molti autori, anche se con paradigmi teorici differenti, hanno approfondito tematiche riguardanti l’intersoggettività. Il comune denominatore è il rapporto tra individuo e ambiente e come le interazioni influenzino lo sviluppo dell’individuo. La nostra vita mentale è frutto di co-creazione, di un dialogo continuo con le menti degli altri che costituisce la matrice intersoggettiva (Stern). Nell’interazione le due menti creano intersoggettività e l’intersoggettività modella le due menti.

È dimostrato che ogni relazione interpersonale implica la condivisione di una molteplicità di stati, emozioni, sensazioni a livello delle stesse strutture nervose, per cui il centro di gravità si è spostato dall’intrapsichico all’intersoggettivo.
In questo lavoro si intende dimostrare che l'inter-soggettività alla sua base è prima di tutto inter-corporeità.
La simulazione incarnata e il sistema della molteplicità condivisa che genera non costituiscono l’unico meccanismo funzionale alla base dell’intersoggettività. Le nostre più sofisticate abilità metacognitive comportano l’attivazione di vaste regioni del cervello, e oggi possiamo affermare che questi settori includono il sistema sensorio-motorio. Evidenze scientifiche dimostrano che il sistema motorio si attiva non solo durante l’esecuzione, ma anche durante l’osservazione, quindi assume un ruolo primario.
A lungo si è ritenuto che i fenomeni sensoriali, percettivi e motori fossero ripartiti in aree corticali nettamente distinte. Si pensava all’esistenza di aree cosiddette associative, in grado di mettere insieme le informazioni provenienti dalle diverse aree e di formare un precetto oggettuale e spaziale da inviare alle aree motorie. Il sistema motorio fino agli ottanta era una specie di traduttore di pensieri in movimenti. Le neuroscienze hanno invece scoperto quando un pensiero smette di essere tale e diventa movimento. Per la prima volta si è identificato un meccanismo neurale che consente una traduzione diretta fra la descrizione sensoriale (uditiva o visiva) di un atto motorio e la sua esecuzione (Rizzolatti). Le informazioni sensoriali e quelle motorie hanno insomma un formato comune.
La scoperta dei neuroni specchio nel luglio 1991 ha portato in primo piano il ruolo del sistema motorio, che non è più un semplice effettore/secutore di ordini provenienti dai piani alti, ma fonte di comprensione del significato delle cose del mondo a livello pre-concettuale e pre-linguistico. È come se, a livello neurologico, agire-pensare-vedere fossero la stessa cosa.
Mediante micro-elettrodi applicati ai singoli neuroni delle scimmie, il gruppo del professor Rizzolatti stava indagando l’area f5 del macaco; questi neuroni si attivano (si dice che scaricano tac tac) quando vengono usati per compiere un movimento. La grande scoperta è stata che gli stessi neuroni scaricavano anche quando il macaco osservava compiere il gesto dell’afferramento. Cioè l’osservazione di una azione induce l’attivazione dello stesso circuito nervoso deputato a controllarne l’esecuzione pur senza provocarne il movimento.
Dopo due anni di ricerche, l'esito di queste osservazioni è stato pienamente accettato dalla comunità scientifica. Si è scoperto, in particolare, che i neuroni che codificano le azioni di afferramento con la mano si attivano al conseguimento di questo scopo indipendentemente dai movimenti richiesti per conseguirlo. I neuroni incarnano un livello che costituisce una rappresentazione, un concetto. Ciò è vero anche nel caso in cui si impedisce di vedere la parte finale di una azione: mediante la simulazione dell’azione nel cervello dell’osservatore la parte non vista dell’azione viene ricostruita e quindi il suo scopo può essere implicitamente compreso.
Nell’uomo sono stati scoperti subito dopo mediante tecniche di risonanza magnetica trans-cranica, ma la prova con micro-elettrodi è arrivata nel 2010 in quanto si può fare solo su pazienti gravemente malati. L’ascolto di frasi riferite ad azioni compiute con il piede attiva gli stessi muscoli e neuroni con impulsi tali da non esercitare il movimento. Analogamente la lettura silenziosa delle parole relative ad azioni della faccia o del braccio attiva settori delle aree pre-motorie corrispondenti alla parte del corpo cui attiene il significato dell’azione descritta dalle parole lette. Per l’uomo percepire una azione e comprenderne il significato equivale insomma a simularla.
Se proviamo ad allargare il campo di osservazione, constatiamo che, nel corso del Novecento, lo studio della relazione tra corpo proprio e intersoggettività ha consentito di superare la teoria cartesiana, mettendo in evidenza che chi osserva e chi è osservato sono parte di un sistema dinamico governato da regole di reversibilità. Venti anni di ricerca hanno dimostrato che esiste una modalità diretta, di base, veloce (200 millisecondi) di approccio al mondo delle relazioni umane che non passa attraverso la mediazione cognitiva (lettura della mente) ma credenze desideri intenzioni che si chiama empatia da “empaty” sentire dentro (1850). Il gruppo del prof Rizzolatti ha scoperto la sua base neuro fisiologica.
Si parla ora di mente relazionale incarnata in quanto veder compiere un’azione umana ha il potere di attivare parti del cervello che non sono solo visive, ma si estende alle parti motorie, tattili ed emozionali (paura, disgusto, dolore, ecc). L'operazione può ben definirsi, pertanto, multimodale. Vedere, pensare e fare non sono separabili, chi osserva e chi è osservato fanno parte di un sistema governato da regole di reversibilità. Questa è una caratteristica della specie umana. La consonanza intenzionale generata dai processi di simulazione incarnata è consustanziale al rapporto di reciprocità dinamica che sempre si instaura tra il polo soggettivo e quello oggettivo della relazione interpersonale. L'intersoggettività diviene così “ontologicamente” il fondamento della condizione umana, in cui la reciprocità definisce in modo fondativo l'esistenza e l'intercorporeità ne è alla base.
Damasio ha dimostrato che un agire perfettamente razionale che escluda l’empatia è tipico dei pazienti con lesioni pre-frontali. Di conseguenza è stato avviato lo studio della relazione tra carenza del sistema neuroni specchio e insorgenza dell’autismo.
Si ritiene pertanto che la ricerca debba passare dallo studio della “mente” umana allo studio delle “menti umane”. Inoltre, se la plasticità costituisce un tratto specie specifico e se la dimensione relazionale è fondante del nostro essere, più che di essere dovremmo parlare di divenire. Più che di identità, noi siamo portatori, per usare un neologismo, di “diventità”, nel senso che diveniamo umani continuamente.
Una filosofia che ambisca a dare conto dell’origine del senso che per noi ha l’esperienza del mondo non può prescindere dalla conoscenza del sistema cervello-corpo attivamente indagato dalle neuroscienze cognitive. Mente e corpo sono infatti due livelli di descrizione di una stessa realtà che manifesta proprietà diverse a seconda del livello di descrizione prescelto e del linguaggio impiegato per descriverla (Gallese).

Marco Biagioli

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