In un sistema spettacolare che alterna costantemente traumi e miracoli, incontriamo continuamente notizie che provengono da qualche angolo remoto del mondo (magari sotto casa, ma l’importante è che sia un sotto casa esotico) che ci colpiscono emotivamente.
Di fronte a queste cose, o reagiamo in maniera scontata e conforme, oppure cerchiamo di porci delle domande.
Poniamo il caso del signor X che in qualche luogo esotico compie una certa azione.
E guardate come cambia tutta la nostra percezione della vicenda, se abbiamo il coraggio di porci queste tre semplici domande:
1) è andata proprio come raccontano i media?
2) in tal caso, perché X ha agito così?
3) qual è il motivo per cui il comportamento di X mi sconvolge?
E’ andata proprio come raccontano i media? Non è necessario che la notizia sia falsa: anche una verità può falsare la realtà.
Ogni anno, sentiamo dire che nelle sfilate dette Gay Pride, ci sono uomini mezzi nudi o travestiti che si baciano in pubblico.
Una decina di anni fa, ho assistito al Gay Pride a Roma, e ho visto effettivamente qualcosa del genere. Vero quindi il fatto, e lo testimoniano delle foto. Semplicemente che il rimanente 99 percento dei partecipanti erano persone dall’aspetto e dal comportamento assolutamente normale. Non è un complimento, è solo una constatazione.
Applichiamo lo stesso principio a 360 gradi, ad amici e nemici.
In questa foto, vedete alcuni candidati dell’UDC in un imprecisato torneo elettorale.
In tal caso, perché X ha agito così? C’è sempre una ragione per cui la gente fa le cose. Mica la dobbiamo condividere, ma c’è.
Nel Mali, in questi giorni, apprendiamo, alcuni giovani (che non somigliano a quelli dell’UDC solo perché hanno la pelle più scura) stanno distruggendo le tombe dei cosiddetti santi musulmani: santi che avevano parecchio in comune con il nostro Padre Pio.
Personalmente, non so che dire, perché ho tanta simpatia per Padre Pio quanto antipatia per il suo culto organizzato.
Ma per quanto riguarda la loro motivazione, essa costituisce la base stessa di ciò che i candidati dell’UDC (ad esempio) chiamano la “civiltà giudeo-cristiana”.
Parliamo della decisione del giovane Abramo di distruggere a martellate tutti gli idoli che suo padre costruiva e vendeva nel proprio negozio di souvenir. Una rottura violenta con la famiglia, la comunità e ogni religione esistente, che fonda il monoteismo come radicale rigetto e contestazione, e come negazione di ogni presenza divina nelle cose,di ciò che in arabo si chiama حلول , all’incirca, “l’essere in un luogo”.
Questa violenza si ripeterà nel grande carnevale liberatorio degli anni dopo il 1520, quando altri giovani (che avevano le stesse facce di quelli dell’UDC) si sono sfogati attraverso tutta l’Europa settentrionale sulle statue dei santi cattolici.
Non è questione di essere d’accordo o meno con i giovani del Mali: pensiamo solo quanti neuroni in più si mettono in moto, quando cerchiamo di capire perché gli altri fanno cose che noi non faremmo.
Qual è il motivo per cui il comportamento di X mi sconvolge? Questa è la domanda più importante di tutte, perché l’essenza di ogni cultura consiste nella propriainvisibile ovvietà: tutti i dispositivi che costituiscono i nostri pregiudizi emergono solo quando qualcosa suscita scandalo, evoca i feroci meccanismi di autodifesa.
Perché, ad esempio, era ovvio che Piero Marrazzo, presidente della Regione Lazio, dovesse rinunciare all’incarico perché sniffava cocaina e si comprava le prestazione di transessuali?
Dire che viviamo di pregiudizi, non vuol dire necessariamente buttare a mare quei pregiudizi.
Io non saprei probabilmente spiegare l’esatto motivo per cui io, traduttore residente in Italia, mi infurio a pensare al fatto che la globalizzazione economica abbia cacciato milioni di contadini messicani dalle loro terre e li abbia spinti a campare di espedienti o narcotraffico.
Ma è già qualcosa, sapere che questa mia presa di posizione sia soggettiva, che dipenda da qualcosa dentro di me che non riesco a decifrare, e non sia una Verità Morale Valida per Tutti.
Ugualmente, per quale motivo ci si scandalizza per la distruzione delle tombe dei santi musulmani in Mali? E quelle tombe, le rispettiamo per gli stessi motivi per cui li rispetta chi li ha costruiti, o per qualcosa di nostro, che non c’entra niente?
Condividiamo la visione “pagana” (il termine richiederebbe un volume di analisi, ma prendiamolo così) del sacro diffuso e differenziato per luogo e per genere, per tribù e per gerarchie individuali, insomma ciò che i monoteismi da sempre combattono?
Perché rigettiamo la violenza “universalista” degli islamisti del Mali?
Oppure non capiamo nulla di tutto ciò, e vogliamo semplicemente che le “opere d’arte” – invenzione del tutto occidentale e recentissima – abbiano una specie di romantico valore in sé, accresciuto dal loro potenziale turistico e monetario? Ma perché vogliamo chiamare “opere d’arte” cose create da chi aveva una visione del mondo totalmente diversa dal critico d’arte contemporaneo romano o di New York?
Di fronte a queste cose, o reagiamo in maniera scontata e conforme, oppure cerchiamo di porci delle domande.
Poniamo il caso del signor X che in qualche luogo esotico compie una certa azione.
E guardate come cambia tutta la nostra percezione della vicenda, se abbiamo il coraggio di porci queste tre semplici domande:
1) è andata proprio come raccontano i media?
2) in tal caso, perché X ha agito così?
3) qual è il motivo per cui il comportamento di X mi sconvolge?
E’ andata proprio come raccontano i media? Non è necessario che la notizia sia falsa: anche una verità può falsare la realtà.
Ogni anno, sentiamo dire che nelle sfilate dette Gay Pride, ci sono uomini mezzi nudi o travestiti che si baciano in pubblico.
Una decina di anni fa, ho assistito al Gay Pride a Roma, e ho visto effettivamente qualcosa del genere. Vero quindi il fatto, e lo testimoniano delle foto. Semplicemente che il rimanente 99 percento dei partecipanti erano persone dall’aspetto e dal comportamento assolutamente normale. Non è un complimento, è solo una constatazione.
Applichiamo lo stesso principio a 360 gradi, ad amici e nemici.
In questa foto, vedete alcuni candidati dell’UDC in un imprecisato torneo elettorale.
Ora, se cambiate il simbolo in fondo, questa foto potrebbe rappresentare ugualmente i tipici manifestanti del Gay Pride, i membri di un gruppo islamista turco, giovani estremisti di destra (“neonazisti”) della Sassonia, quattro bocconiani a uno startup aziendale, militanti sionisti o la scuola quadri del partito marxista-leninista iraniano in clandestinità.
Quelli che vedete nelle foto su Repubblica sono le eccezioni, in genere ritenute ridicole o dementi dai loro compagni/camerati/fratelli.In tal caso, perché X ha agito così? C’è sempre una ragione per cui la gente fa le cose. Mica la dobbiamo condividere, ma c’è.
Nel Mali, in questi giorni, apprendiamo, alcuni giovani (che non somigliano a quelli dell’UDC solo perché hanno la pelle più scura) stanno distruggendo le tombe dei cosiddetti santi musulmani: santi che avevano parecchio in comune con il nostro Padre Pio.
Personalmente, non so che dire, perché ho tanta simpatia per Padre Pio quanto antipatia per il suo culto organizzato.
Ma per quanto riguarda la loro motivazione, essa costituisce la base stessa di ciò che i candidati dell’UDC (ad esempio) chiamano la “civiltà giudeo-cristiana”.
Parliamo della decisione del giovane Abramo di distruggere a martellate tutti gli idoli che suo padre costruiva e vendeva nel proprio negozio di souvenir. Una rottura violenta con la famiglia, la comunità e ogni religione esistente, che fonda il monoteismo come radicale rigetto e contestazione, e come negazione di ogni presenza divina nelle cose,di ciò che in arabo si chiama حلول , all’incirca, “l’essere in un luogo”.
Questa violenza si ripeterà nel grande carnevale liberatorio degli anni dopo il 1520, quando altri giovani (che avevano le stesse facce di quelli dell’UDC) si sono sfogati attraverso tutta l’Europa settentrionale sulle statue dei santi cattolici.
Giovani europei abbattono le superstizioni cattoliche, incisione fiamminga del 1566
Non è questione di essere d’accordo o meno con i giovani del Mali: pensiamo solo quanti neuroni in più si mettono in moto, quando cerchiamo di capire perché gli altri fanno cose che noi non faremmo.
Qual è il motivo per cui il comportamento di X mi sconvolge? Questa è la domanda più importante di tutte, perché l’essenza di ogni cultura consiste nella propriainvisibile ovvietà: tutti i dispositivi che costituiscono i nostri pregiudizi emergono solo quando qualcosa suscita scandalo, evoca i feroci meccanismi di autodifesa.
Perché, ad esempio, era ovvio che Piero Marrazzo, presidente della Regione Lazio, dovesse rinunciare all’incarico perché sniffava cocaina e si comprava le prestazione di transessuali?
Dire che viviamo di pregiudizi, non vuol dire necessariamente buttare a mare quei pregiudizi.
Io non saprei probabilmente spiegare l’esatto motivo per cui io, traduttore residente in Italia, mi infurio a pensare al fatto che la globalizzazione economica abbia cacciato milioni di contadini messicani dalle loro terre e li abbia spinti a campare di espedienti o narcotraffico.
Ma è già qualcosa, sapere che questa mia presa di posizione sia soggettiva, che dipenda da qualcosa dentro di me che non riesco a decifrare, e non sia una Verità Morale Valida per Tutti.
Ugualmente, per quale motivo ci si scandalizza per la distruzione delle tombe dei santi musulmani in Mali? E quelle tombe, le rispettiamo per gli stessi motivi per cui li rispetta chi li ha costruiti, o per qualcosa di nostro, che non c’entra niente?
Condividiamo la visione “pagana” (il termine richiederebbe un volume di analisi, ma prendiamolo così) del sacro diffuso e differenziato per luogo e per genere, per tribù e per gerarchie individuali, insomma ciò che i monoteismi da sempre combattono?
Perché rigettiamo la violenza “universalista” degli islamisti del Mali?
Oppure non capiamo nulla di tutto ciò, e vogliamo semplicemente che le “opere d’arte” – invenzione del tutto occidentale e recentissima – abbiano una specie di romantico valore in sé, accresciuto dal loro potenziale turistico e monetario? Ma perché vogliamo chiamare “opere d’arte” cose create da chi aveva una visione del mondo totalmente diversa dal critico d’arte contemporaneo romano o di New York?
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