C’è un’intera collezione di buchi neri nella galassia di Andromeda, la vicina di casa della Via Lattea. Utilizzando più di 150 osservazioni di Andromeda effettuate nel corso di 13 anni con il telescopio spaziale Chandra, i ricercatori hanno identificato ben 26 oggetti candidati a essere identificati come buchi neri, il più grande numero scoperto fin ad ora in una galassia al di fuori della nostra.
Andromeda è un po’ una galassia gemella della Via Lattea, con cui è destinata a un certo punto a scontrarsi, tra diversi miliardi di anni.
“Siamo entusiasti di aver trovato così tanti buchi neri in Andromeda, pensiamo che sia solo la punta di un iceberg”, ha detto Robin Barnard dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CFA) a Cambridge, Massachusetts, e primo autore del paper che descrive questi risultati. “La maggior parte di questi buchi neri probabilmente non ha stelle compagne, per cui ci risultano invisibili.” I presunti buchi neri appartengono alla categoria dei buchi neri di massa stellare, formati dalla morte di stelle molto massicce, e in genere hanno masse da 5 a 10 volte quella del nostro Sole.
Gli astronomi riescono a rilevare questi oggetti, altrimenti invisibili, grazie al materiale che strappano da una stella compagna e che viene per questo riscaldato fino a produrre radiazioni visibili, prima di scomparire nel buco nero.
Il primo passo per identificare questi buchi neri è stato quello di assicurarsi che fossero oggetti di massa stellare nella galassia di Andromeda, piuttosto che buchi neri supermassicci nel cuore di galassie più distanti.
Per fare questo, i ricercatori hanno utilizzato una nuova tecnica che si basa sulle informazioni relative alla luminosità e alla variabilità delle sorgenti di raggi X nei dati del telescopio spaziale Chandra. Si è scoperto che i sistemi di massa stellare cambiano molto più velocemente rispetto ai buchi neri supermassicci.
Come scritto nel lavoro pubblicato su arXiv, per classificare gli oggetti di Andromeda come buchi neri, gli astronomi hanno osservato che queste sorgenti di raggi X hanno caratteristiche particolari: cioè, sono più luminose di un certo livello di raggi X e hanno anche un colore particolare ai raggi X.
Le sorgenti che contengono stelle di neutroni, che potevano essere la spiegazione alternativa, non hanno entrambe queste caratteristiche simultaneamente. I buchi neri sì.
Il satellite dell’ESA XMM-Newton ha fornito un supporto fondamentale per questo lavoro, fornendo spettri a raggi X per alcuni dei candidati a buchi neri, dando quindi importanti informazioni per determinare la natura di questi oggetti.
Il gruppo di ricerca precedente aveva identificato nove candidati a buchi neri all’interno della regione coperta dai dati di Chandra, e gli attuali risultati hanno portato il totale a 35. Otto di questi sono associati con ammassi globulari, le antiche concentrazioni di stelle distribuite in un modello sferico intorno al centro della galassia.
Questo differenzia Andromeda dalla Via Lattea dato che gli astronomi non hanno ancora trovato un buco nero all’interno di uno degli ammassi globulari della Via Lattea.
Questo nuovo lavoro conferma le previsioni fatte in precedenza nella missione Chandra sulle proprietà delle sorgenti a raggi X vicino al centro di M31. Gli studi precedenti effettuati da Rasmus Voss e Marat Gilfanov del Max Planck Institute for Astrophysics di Garching, Germania, hanno utilizzato Chandra per indicare che c’era un numero insolitamente elevato di fonti a raggi X vicino al centro di M31. [media.inaf.it]
Andromeda è un po’ una galassia gemella della Via Lattea, con cui è destinata a un certo punto a scontrarsi, tra diversi miliardi di anni.
“Siamo entusiasti di aver trovato così tanti buchi neri in Andromeda, pensiamo che sia solo la punta di un iceberg”, ha detto Robin Barnard dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CFA) a Cambridge, Massachusetts, e primo autore del paper che descrive questi risultati. “La maggior parte di questi buchi neri probabilmente non ha stelle compagne, per cui ci risultano invisibili.” I presunti buchi neri appartengono alla categoria dei buchi neri di massa stellare, formati dalla morte di stelle molto massicce, e in genere hanno masse da 5 a 10 volte quella del nostro Sole.
Gli astronomi riescono a rilevare questi oggetti, altrimenti invisibili, grazie al materiale che strappano da una stella compagna e che viene per questo riscaldato fino a produrre radiazioni visibili, prima di scomparire nel buco nero.
Il primo passo per identificare questi buchi neri è stato quello di assicurarsi che fossero oggetti di massa stellare nella galassia di Andromeda, piuttosto che buchi neri supermassicci nel cuore di galassie più distanti.
Per fare questo, i ricercatori hanno utilizzato una nuova tecnica che si basa sulle informazioni relative alla luminosità e alla variabilità delle sorgenti di raggi X nei dati del telescopio spaziale Chandra. Si è scoperto che i sistemi di massa stellare cambiano molto più velocemente rispetto ai buchi neri supermassicci.
Come scritto nel lavoro pubblicato su arXiv, per classificare gli oggetti di Andromeda come buchi neri, gli astronomi hanno osservato che queste sorgenti di raggi X hanno caratteristiche particolari: cioè, sono più luminose di un certo livello di raggi X e hanno anche un colore particolare ai raggi X.
Le sorgenti che contengono stelle di neutroni, che potevano essere la spiegazione alternativa, non hanno entrambe queste caratteristiche simultaneamente. I buchi neri sì.
Il satellite dell’ESA XMM-Newton ha fornito un supporto fondamentale per questo lavoro, fornendo spettri a raggi X per alcuni dei candidati a buchi neri, dando quindi importanti informazioni per determinare la natura di questi oggetti.
Il gruppo di ricerca precedente aveva identificato nove candidati a buchi neri all’interno della regione coperta dai dati di Chandra, e gli attuali risultati hanno portato il totale a 35. Otto di questi sono associati con ammassi globulari, le antiche concentrazioni di stelle distribuite in un modello sferico intorno al centro della galassia.
Questo differenzia Andromeda dalla Via Lattea dato che gli astronomi non hanno ancora trovato un buco nero all’interno di uno degli ammassi globulari della Via Lattea.
Questo nuovo lavoro conferma le previsioni fatte in precedenza nella missione Chandra sulle proprietà delle sorgenti a raggi X vicino al centro di M31. Gli studi precedenti effettuati da Rasmus Voss e Marat Gilfanov del Max Planck Institute for Astrophysics di Garching, Germania, hanno utilizzato Chandra per indicare che c’era un numero insolitamente elevato di fonti a raggi X vicino al centro di M31. [media.inaf.it]
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