"THE END"

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martedì 8 maggio 2012

Ufficio di scollocamento


L'economia non può crescere all'infinito 
Ciao a tutti sono, Simone Perotti, sono un scrittore, scrivo romanzi, racconti, saggi, ho scritto “Adesso basta” e insieme a Paolo Ermani “Ufficio di scollocamento”. Lo scollocamento è il lavoro necessario per uscire da questo sistema, è un’uscita non riferita solo agli aspetti economici, lavorativi, non soltanto il banale smettere di lavorare
e cambiare vita che banale non è, ma naturalmente è una cosa specifica, è un cambiamento, è un’uscita da questo sistema da tutti i punti di vista, dal punto di vista psicologico, esistenziale, filosofico oltre che economico , lavorativo e sociale, è il tentativo di scendere dalla nave che sta affondando, prima che il tardivo annuncio del comandante ci metta in difficoltà.
Le persone che si sono salvate dalla nave Concordia, si sono salvate perché hanno disubbidito, si sono attrezzate per scendere dalla barca, per mettersi in salvo prima ancora dell’ordine del Comandante. “Ufficio di scollocamento” nasce da un’idea provocatoria, paradossale che però qualcuno ha cominciato a prendere sul serio, ci ha studiato su e l’ha realizzata, stanno nascendo degli uffici di scollocamento in Italia dei percorsi attraverso i quali prendere consapevolezza reale del problema che abbiamo, che la promessa non verrà mantenuta, la promessa di partecipare tutti a un sistema che dà lavoro a tutti, che dà opportunità a tutti, che consente a tutti le ferie pagate, lo shopping, la casa, la macchina, questa promessa non verrà mantenuta, era basata su una situazione economica, sociale, politica del tutto diversa dall’attuale, le cose sono cambiate, la nave quindi comincia a scricchiolare, a inclinarsi e sta per affondare. “Ufficio di scollocamento” nasce come una necessità dal basso per costruire le condizioni di comprensione e poi di azione per cambiare la nostra condizione. Verremo tutti scollocati, sta già avvenendo, il sistema aveva fatto una promessa e adesso non la mantiene, cambiare le regole durante il gioco è una cosa ritenuta inaccettabile a tutti i livelli che si stia giocando a pallone o che si stia ragionando su qualcosa di più importante, non si possono cambiare le regole in corso d’opera, non è che se stiamo pareggiando si può interrompere la partita prima del 90°, questo è esattamente quello che sta avvenendo, noi ci siamo messi a lavorare, a partecipare a questa società perché la società ci dava in cambio una serie di cose: la pensione in un’età accettabile, servizi, la possibilità di essere inseriti tutti nel mondo del lavoro, di poter crescere professionalmente, ma questo era basato sulla situazione corrente, su un’economia che cresceva e che naturalmente era prevedibile che non sarebbe potuta crescere all’infinito, sull’esistenza di paesi del terzo mondo da sfruttare che nel frattempo sono diventati paesi in via di sviluppo e quindi non sono più disposti di essere sfruttati.
Dare senso alla propria vita 
Questa promessa non essendo più realizzabile tende a escludere una parte sempre maggiore di persone dallo schema del benessere , saranno sempre di più a essere scollocati.
La civiltà così concepita, quella del nord – ovest del pianeta in cui questo capitalismo è il pensiero unico che costringe a comportamenti massificati
e omologati in cui nessuno può tirarsi fuori dalle regole di base su cui si poggia è già bello che finito.

L’anticipo del cambiamento, l’anticipo con cui si può immaginare il cambiamento, sta scadendo perché tra un attimo questo anticipo non ci sarà più, siamo già dentro le cose in maniera quasi irreversibile, però chi si muove per primo riuscirà a attrezzarsi per tempo, è impensabile cambiare la propria vita senza farsi una serie di domande profonde che riguardano i propri comportamenti, le motivazioni. L’esempio più classico è quello del nostro orientamento all’acquisto, finché siamo all’interno del sistema del consumismo siamo legati mani e piedi alla produzione di denaro che ci serve per comprare tutto quello senza il quale ci sentiamo diminuiti, e addirittura emarginati.
La realtà naturalmente è ben diversa, servono molte meno cose per vivere, il problema è che questo deve essere vissuto come un’opportunità e non come una privazione, vivere in maniera più sobria è uno strumento straordinario, straordinariamente potente perché libera dalla coercizione del lavoro necessaria alla produzione del denaro. Questo passaggio però è possibile attraverso un cambiamento interiore. Non credo che l’Italia debba ritornare ai Comuni o al controllo decentrato, l’Italia deve ritornare agli individui, al controllo talmente decentrato da essere individuale. Ognuno di noi deve recuperare il senso di responsabilità, l’orgoglio dell’azione e la voglia di operare individualmente per provvedere all’equilibrio della propria vita, all’armonia con il mondo che ci circonda. Delegare a qualunque entità le decisioni fondamentali per il proprio benessere, significa irresponsabilmente mettersi nelle mani di qualcuno. La possibilità di essere in equilibrio e in armonia con il mondo è una questione che riguarda l’interiorità delle persone, il loro sforzo quotidiano di dare senso alla propria vita in maniera libera e indipendente, poi se questo per motivi amministrativi deve essere organizzato in piccole aree autonome, piuttosto che non in comuni, questo francamente lo considero secondario, mi pare che il problema oggi non sia lo Stato unitario centralizzato contro il federalismo locale parcellizzato, il problema oggi è un’enorme massa di persone omologate che non sono degli individui autonomi, non decidono con la loro testa, non hanno la forza di opporsi alla costrizione della comunicazione e della pubblicità, che pensano che non ci sia nessuna altra via per vivere diversamente, mentre quest’altra via c’è.
Smettere di lavorare, cambiare vita, scollocarsi non è certamente una scelta di comodo, perché da quel momento in avanti la fatica aumenta, lo sforzo è enorme ma il premio è straordinario che è quello di sentirsi nuovamente circolare il sangue nelle vene e diventare nuovamente delle persone libere!

Lavorare nella direzione giusta 
L’equivoco più grande, la disinformazione, il tentativo di screditare tutto il tema della decrescita, il tema dello scollocamento, il tema del cambiamento sta nel far passare questo processo come uno smettere di lavorare e non fare più niente, vivere di rendita e cose del genere, le cose non sono assolutamente così,
la decrescita, lo scollocamento sono progetti in cui si lavora il doppio e si lavora però nella direzione giusta, nella direzione in cui non si devasta il paese, il pianeta, in cui non si fanno lavori inutili, socialmente irrilevanti o addirittura dannosi, in cui il tema del lavoro non è solo quello della fine di lucro ma è quello del giusto guadagno per una giusta azione in cui tutte le attività che nascono del momento dello scollocamento, costituiscono un’enorme mole di lavoro a cui l’individuo deve avere il coraggio di fare fronte, in cui si smette di invocare l’assistenzialismo e la partecipazione a uno Stato spesso insensato, ma si tenta di dare senso a azioni individuali studiate a posta per cambiare la nostra vita. Scollocarsi e cambiare vita è un nuovo modo, molto faticoso, molto soddisfacente per tentare di mettersi in salvo da un sistema che crolla!
Lo scollocamento è il primo passo per uscire da un sistema sbagliato che ormai è impazzito e che non produce risorse ma le consuma, ma non è naturalmente il passo conclusivo, non è un obiettivo da raggiungere, è il primo passo per liberare tempo, risorse, progettualità e occupare questo tempo e queste risorse in modo nuovo, facendo cose diverse che abbiano un senso per la società, che non siano dannose per gli altri, che producano una crescita adeguata e significativa dal punto di vista umano e non solo economico come avviene oggi, per sfuggire agli indicatori finanziari che ormai regolano la nostra vita e ha molto a che fare per esempio con l’azione pratica anche concreta, manuale della propria vita. Occorre autoprodurre l’energia, parte delle risorse alimentari, occorre utilizzare il tempo per ricostruire delle comunità in cui la mutua assistenza sia la produzione di valore necessaria e sufficiente a consentirci di non lavorare perché quei soldi per tenere i bambini, per curare gli anziani non sono più necessari in una nuova economia solidale basata sulla comunità. Scollocarsi è tutto fuorché smettere di lavorare, anzi è l’inizio di un lavoro molto profondo, il problema è che finché siamo collegati cuore, mente e portafoglio a questo sistema è impossibile immaginarne uno nuovo, è impossibile costruirne uno nuovo, occorre prima staccare la spina da un sistema che non funziona per poterla collegare a un sistema nuovo che possa funzionare meglio!
Visto che i media non se ne occuperanno più di tanto, fare quello che ha reso famosa questa rubrica e cioè passare parola!

http://www.beppegrillo.it/2012/05/passaparola_uff/index.html

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