Il Mistero del Golghota e la purificazione del sangue dall'egoismo Marzo 2014
(Ri-elaborazione a cura di Tiziano Bellucci della conferenza tenuta da Rudolf Steiner a Berlino il 26 marzo 1907, non inclusa nell’Opera Omnia, tratta da I Misteri del Padre, del Figlio e dello Spirito. Traduzione di Paolo Perper)
Il mistero del Golghota ha avviato una trasformazione globale dell’atmosfera spirituale della terra, dell’intero suo essere: essa come l’uomo, è provvista di un corpo fisico, un corpo eterico, un corpo astrale e di un io (entità planetaria). L’aura della terra è mutata di colore e di qualità spirituali, dai tempi della venuta del Cristo.
Il cambiamento non si è attuato istantaneamente: è stato preparato nei secoli e tutt’oggi è ancora in atto, non si è ancora completato, durerà ancora a lungo.
Per comprenderlo meglio occorre riandare ai tempi in cui l’uomo non era ancora incarnato in un corpo fisico.
La coscienza dell’io, ossia la facoltà che ci consente di dire “io” a noi stessi, questo nucleo immortale nell’uomo, non è penetrata all’improvviso nell’evoluzione umana: si è insidiata man mano.
L’io uno, parte degli Elohim
Vi era un tempo in cui questo “io” soggiornava al di fuori dell’uomo; era un elemento unitario che si trovava nel grembo della divinità: era un arto costitutivo di entità che chiamiamo “Elohim”. In quello stadio non si poteva ancora parlare di una suddivisione, di una pluralità di miliardi di “io” come ora, ma vi era un solo “io” che era parte delle entità solari denominate anche Spiriti della forma.
Ai tempi dell’antica Lemuria, l’uomo non aveva ancora ricevuto un io individuale. Le singole entità umane erano costituite di un corpo fisico fatto di sola aria e acqua, un corpo eterico e un corpo astrale. Il loro io non era di proprietà esclusiva, ma era come un essenza comunitaria, alle quale esse partecipavano in modo unitario: erano tutte come “parte” in un unico liquido, collegate l’un l’altra da un principio collettivo.
In quella fase lemurica l’Io umano era un essenzialità globale, che pervadeva l’intera superficie terrestre e ogni veicolo umano(l’Adam Kadmon cabalistico?); un sostanzialità oggettiva.
Il processo di “animazione” dei corpi umani può essere visto così: si immagini un liquido, L’io degli Elohim.
Si immagini che vi siano milioni di piccole “spugne” (gli involucri fisico, eterico e astrale umano) che si impregnino di una goccia di tale liquido.
L’io unitario degli Elohim dimorava intorno agli involucri umani, si trovava nell’aria circostante, nell’atmosfera terrestre. Ciò che sarebbe poi diventato il singolo io umano non aveva allora un singolo corpo.
Gli involucri non accolsero interamente subito l’io, ma solo una piccolissima parte: molta spiritualità rimase fuori dall’uomo. Lo spirito penetrò man mano, con il procedere del divenire terrestre: venne assimilato gradatamente. Quell’elemento spirituale penetrò sempre più nei corpi incarnandosi sempre più, divenendo sempre più presente. Nell’era lemurica il legame, la quantità di “io” era infinitesima: e infinitesima era la percezione che l’uomo aveva di sé, del suo io. L’autocoscienza nacque lungo i secoli.
L’uomo lemurico era in uno stato quasi incosciente, dormiente dotato di una misura così piccola di io; quell’io inoltre aveva un legame poco stabile e flessibile con gli involucri, tendendo a fuoriuscire spesso, a non essere mai stabilmente connesso.
Nel passo della Bibbia: “e Dio insufflo nell’uomo il respiro e divenne un anima vivente” si vuole descrivere i fatti summenzionati. L’aria che respiriamo contiene lo spirito della terra. L’aria è solo il veicolo fisico della spiritualità: si tratta del principio dello “Spirito Santo”, elemento che possiamo anche definire come lo “Spirito di Javhè”. Javhè agiva quindi tramite il veicolo dell’aria, è lo spirito dell’aria atmosferica terrestre, compenetrata dal suo spirito.
Ma vi è dell’altro.
Sulla terra non vi era solo aria, vi era anche calore. L’aria era calda, intrisa di calore. Questo calore era il veicolo degli Elohim, gli spiriti solari.
Prima di questo instaurarsi della processo della respirazione, non esistevano esseri a sangue caldo.
Quando l’aria penetrò nell’uomo anche il calore animò la temperatura del corpo, entro il sangue.
Gli Elohim erano lo spirito del pianeta terra. Il loro “io” era lo spirito della terra.
Spirito dell’aria: Javhè
Spirito del calore della terra: Elohim
Lo spirito dell’aria (Javhè) determinò l’origine del linguaggio; quando Javhè penetrò nell’uomo il suo spirito cominciò ad esprimersi tramite la laringe umana. Lo spirito aereo di Javhè fu il primo “io” divino a penetrare nell’uomo.
JWHW= io sono colui che è, il principio divino immortale, eterno.
Il primo dono dell’io, venne da Javhè, come spirito dell’aria oggettivo. Javhè ha partecipato al processo di individuazione dell’uomo dall’era lemurica sino a quella atlantidea: ma tramite la sua sola azione all’uomo non sarebbe però stato possibile giungere subito ad una auto coscienza come la abbiamo oggi. L’uomo dovette attendere prima di realizzare l’individuazione, e trovare il modo per determinarla in sé.
L’uomo dovette prima sperimentarsi in una coscienza di gruppo, di appartenenza ad un ceppo comune. L’individuazione venne preparata tramite il sangue, l’accoppiarsi in modo consanguineo. Il sorgere dell’autocoscienza venne preceduto da un processo legato al sangue.
Gli arcangeli, i popoli e in sangue
Si tenga presente che quando nell’era lemurica lo spirito cominciò a riversarsi nell’uomo (tramite il respiro) in quel respiro non vi era solo “Javhè” ma una globalità di molti spiriti che abitavano l’atmosfera terrestre. Penetrarono nell’uomo le influenze di altre individualità spirituali: si tratta degli spiriti dei popoli, gli arcangeli. L’immersione di diverse entità si esprime nell’episodio della torre di Babele, come il momento in cui la spiritualità di Javhè unita alle altre entità arcangeli determinò l’originarsi dei vari popoli diversi: e questo viene rappresentato dal fatto che l’umanità comincia a parlare lingue diverse, a separarsi in ceppi di nazioni diverse.
Questo causò il primo principio di individuazione: gli esseri umani, pur dotati di uno spirito unitario (Javhè) cominciarono a manifestare caratteristiche diverse a mezzo dell’influenza mischiata dagli altri spiriti. L’originaria “aria (o goccia) di Javhè” venne alterata da caratteristiche tipiche di un dato arcangelo, originando così una determinata razza o popolo, provvista di un intonazione animica tipica.
L’uomo cessò di essere umanità e divenne popolo, appartenente allo spirito del suo popolo, ad esprimere una volontà di popolo.
Questo elemento di “distinzione” nazionale fu necessario per l’originarsi di un embrione di individuazione: solo passando attraverso un filtro animico diverso l’uomo avrebbe poi potuto guadagnarsi la sua propria unica e reale legittima individualità. Andò perdendosi il concetto di “fratellanza” terrestre, per diventare nazionalismo.
Quando parliamo di Javhè, dobbiamo intendere la collaborazione di molti spiriti che agiscono insieme.
Javhè cominciò ad agire per la formazione del manas, del principio individualista nell’uomo: principio che ha la caratteristica di separare, distinguere, nominare (spiriti della forma).
Lo spirito che invece doveva portare in un futuro l’uomo ad una riunificazione, ad una nuova fratellanza riacquisita abita invece nel calore terrestre, nell’elemento solare che pervade la terra con il calore: si tratta del principio Cristo, che opera tramite gli Elohim.
Il principio contenuto nel Cristo presente come Spirito vitale o Budhi ha una qualità unificante, di principio unificatore. Attraverso l’edificazione del Manas da parte di Javhè venne preparato il riversarsi del principio del Budhi cristico entro l’umanità. Il Mistero del Golghota reca in sé questo aspetto.
Il riversarsi dello spirito vitale cristico nell’umanità
Con la venuta del Cristo, lo spirito contenuto nel calore attorno alla terra cominciò a riversarsi gradatamente entro il sangue umano: è come dire che le entità che abitano il “Sole” (gli Elohim), vennero ad abitare sulla terra di nuovo. Il Cristo prefigura un futuro in cui la terra si riunirà al sole e diventerà di nuovo uno con gli Elohim, come al principio. Ma prima che ciò accada, l’uomo deve diventare capace di amare, di creare una vera fratellanza. E questo accadrà tramite l’affluire graduale dello spirito del Cristo entro l’umanità.
Quando esso si sarà completamente riversato entro gli uomini, come principio reintegratore, riunificatore, allora si affaccerà una grande fratellanza planetaria. L’uomo si sentirà attratto dall’altro uomo come un fratello, tutte le divisioni cesseranno e un magnifico senso di comunione abbraccerà l’intera umanità.
Si può dire quindi che Javhè e gli spiriti dei popoli preparano l’umanità alla futura fratellanza: soltanto che dapprima dovettero agire in modo da infondere ovunque il principio dell’egoismo, della separazione. Tramite l’appartenenza ad una stirpe, ad una nazione gli uomini sentivano di “amarsi” fra loro: odiavano tutto ciò che non era parte della loro nazione, del loro sangue. Si “imparò” ad amare solo entro i legami che fluivano da un sangue comune, da uno spirito di popolo comune. L’amore era determinato dal sangue comune. Più tardi questo aspetto divenne “egocentrismo”. Il sangue spinse l’uomo ad assumere un carattere egoistico, affinché potesse poi prodursi in futuro un superamento dello stesso.
Il sangue egoistico doveva venire abbandonato, superato: doveva sorgere un amore spirituale, svincolato dai legami di razza, casta e popolo.
Il sangue di Cristo
L’immagine che un sangue puro e divino sia dovuto scorrere e toccare la terra, è stato l’inizio di una purificazione dell’egoismo in eccesso contenuto nell’umanità. Senza tale sacrificio l’uomo avrebbe raggiunto limiti egoistici inenarrabili: al limite della bestialità.
L’egoismo superfluo costituitosi a mezzo dell’antica azione Javhetica, venne purificato: si è trattato dell’inizio di una depurazione del sangue dal principio dell’egoismo: il principio e la speranza di una nuova era della fratellanza terrestre.
Rielaborazione a cura di Tiziano Bellucci
http://www.riflessioni.it/
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