"THE END"

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sabato 9 marzo 2013

Festa della donna: il giorno dopo.

L’8 Marzo non ho festeggiato, in fondo è una ricorrenza che ha ben poco da festeggiare. Il gran numero di ragazzine entusiaste e il profumo di mimosa a saturare l’aria, poca e stantia, dell’autobus offrono tuttavia molti spunti di riflessione.
Spesso ci hanno raccontato, e qualcuno lo avrà fatto anche oggi, di come l’8 Marzo 1908, nel rogo di una una fabbrica di New York, siano decedute 129 donne. In ricordo di quel giorno, mascherando la misoginia dilagante, sarebbe nata la Giornata Internazionale della Donna, in cui l’ordine costituito, o disordine che dir si voglia, ricorda alle donne che una volta all’anno hanno facoltà di contare realmente qualcosa. Una volta l’anno però, non approfittassero oltre, e soltanto per chi tenta di rimorchiarle, per i mariti e per i fiorai.
In tutto ciò c’è qualcosa di profondamente sbagliato e non solo moralmente, anche storicamente. Se un incendio c’è stato (e mille altri ce ne sono sicuramente stati) è avvenuto tre anni dopo, il 25 marzo del 1911, ma in molte parti del mondo la ricorrenza era già stata istituita e per motivi ben differenti. Abbiamo una festa tutta per noi (che meraviglia…) , ma non sappiamo bene per quale motivo.



Scorrendo poi i titoli dei giornali in questa ridente giornata profumata di mimosa, possiamo notare l’aumento dell’attenzione riservata alle donne. Un’attenzione notevole, sebbene concentrata una volta all’anno: stupri, prostituzione, maltrattamenti. Una merce di cui parlare solo in ottica drammatica, la stessa attenzione riservata dalla protezione animali al tema dell’abbandono.

Sembra proprio che non siamo in grado di combinare nulla di buono che ci consenta di essere elogiate. Il mondo femminile rimane sempre e comunque vincolato a quello maschile, la supremazia dell’uomo sulla donna è ribadita da tutte le vicende che ci vedono più o meno succubi degli atteggiamenti da maschio alfa dei nostri compagni o del pervertito di turno.

Davvero è necessario essere eccezionali per sperare di essere considerate alla stregua di chiunque altro sulla faccia del pianeta? Non è già abbastanza straordinario l’essere mogli, madri, l’uscire di casa sempre con un sorriso, il sopportare l’insopportabile e rialzarsi sempre come se niente fosse accaduto? E’ possibile che non si parli mai dei gesti quotidiani delle grandi donne del nostro tempo, ma si aspetti silenziosamente in agguato, come sciacalli, di poter raccontare del dramma, della sofferenza e dell’orrore?

Bisognerebbe debellare certe piaghe, non decantarle in preda alla sindrome di Barbara D’Urso spacciando poi quest’atteggiamento per una forma non propriamente chiara di “femminismo”.
La più grande vittoria sarebbe, per me, cancellare ogni ricorrenza nata per ricordare alle donne che sono fragili, che hanno subito, che continueranno a subire, la vita quotidiana ci dimostra che siamo molto più di quel che vogliono farci credere. L’augurio migliore per ogni donna è quello di non dover raccogliere più gli auguri di nessuno, ma soltanto i frutti del proprio modo di essere e della propria forza.

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