Chiede Rosalux:
“Ispirata da una discussione con il Martinez, sul suo blog, mi chiedo e vi chiedo: ma per voi è una buona o una cattiva notizia che gli indiani Seminole si siano comprati la catena Hard Rock Cafe vendendo l’anima al capitalismo, oppure farebbero meglio a farsi esplodere sui bus di pendolari di Chicago in base alla considerazione che “esiste un diritto dei nativi americani a tutto ciò che va dall’Alaska all’Arizona”?
No, lo chiedo sul serio, eh? Vorrei un parere.”
E’ un perfetto esempio di quello che dicevo prima sui luoghi comuni. Intanto, non è, chiaramente, un discorso sui Seminole (se Rosa sapesse dove abitano, non avrebbe parlato di Chicago), ma una metafora per la Palestina. Raccontata con una battuta chiara ed efficace.
Per spiegare quale sia il problema con questa battuta, mi trovo costretto a scrivere unlungo trattato, che pochi leggeranno. Però lo scrivo lo stesso, perché la questione dei Seminole è interessante di per sé.
Togliamoci di mezzo la fuffa romantica che accompagna sempre i “pellirossa”: un commentatore del blog di Rosalux tira pure in ballo i “visi pallidi” dei fumetti. Alcuni Seminole erano anche proprietari di schiavi (neri), altri invece erano schiavi (neri) scappati, altri addirittura bianchi poveri, tanto per dire.
I Seminole della Florida hanno condotto la più dura guerra di resistenza di tutta la storia degli Stati Uniti, durata – con varie riprese – dal 1817 al 1858. Durante le tre guerre, ci sono stati molti massacri: ovviamente i più forti ne hanno uccisi di più, ma nemmeno i Seminole hanno scherzato. Gli Stati Uniti hanno perso infatti diverse migliaia di soldati.
Nel 1833, gli americani convinsero alcuni Seminole, presumibilmente analfabeti,a firmare un “trattato” che prevedeva la loro deportazione a ovest del Mississipi: erano tempi in cui il nascente capitalismo cercava la terra, per le risorse che poteva offrire e per lo sviluppo agricolo, e quindi volevano togliere la terra ai Seminole.
Ovviamente, non tutti i Seminole hanno accettato questo patto, per cui sono statideportati a forza, fin nel lontano Oklahoma: circa un terzo sono morti durante il viaggio. Alcune centinaia di individui, rimasti in Florida, sono stati rinchiusi in una piccola zona paludosa, perennemente allagata, piena di zanzare e coccodrilli, mentre le loro terre venivano date ai coloni.
E’interessante notare che i Seminole non hanno mai riconosciuto la conquista americana: ancora oggi, si chiamano il “Popolo invitto”, e non hanno mai firmato un trattato di pace con gli Stati Uniti.
Passano centoventi anni di degrado, miseria, alcolismo e razzismo.
Non sono i Seminole a decidere di uscirne: a cambiare le cose è l’improvvisa eccedenza di capitali degli Stati Uniti, ottenuti grazie al saccheggio del West.
Alla fine dell’Ottocento, un imprenditore fonda la prima città del mondo per pensionati milionari, Miami, venduta con grandi cartelli a Times Square che d’inverno annunciavano, “è giugno a Miami”. Nel 1928, Al Capone si insedia nella città, inaugurando una lunga tradizione di criminalità di alto bordo, mentre la polizia si occupa solo di imporre con la massima durezza la segregazione razziale al 40% di popolazione nera.
Negli anni Cinquanta, Miami diventa la sede dello spietato mafioso Meyer Lansky di Chicago (sì, Chicago c’entra), uno dei padroni della Cuba pre-Castro.
Poi è arrivata la mafia politico-economica cubana, e infine i trafficanti di cocaina colombiani: da qui, la definizione di “Murder Capital of the USA“,nonché la città con la percentuale più alta di proprietari di arma da fuoco.
Quindi, trabocca l’industria del divertimento in Florida, la criminalità ha fondi enormi da investire, la terziarizzazione della società rende irrilevante il possesso delle terre. E un gruppo intraprendente di uomini bianchi scopre il classico trucco dei tempi della globalizzazione: sfruttare le piccole differenze legislative tra un luogo e l’altro per accumulare miliardi. Conosciamo anche noi ditte che hanno sede sull’isola di Man, conti in banca in Lussemburgo e una mezza fabbrichetta ad Ascoli Piceno per approfittare dei fondi per il sud (Ascoli Piceno, infatti, godeva, almeno in passato, dei fondi della Cassa per il Mezzogiorno).
Il buco consiste nello status autonomo delle riserve indiane, quando nel 1988, per tagliare i fondi assistenziali, Reagan lancia l’Indian Gaming Regulatory Act, che permette l’apertura di casinò nei territori indiani.
A vincere le battaglie legali che permisero la casinificazione delle riserve, fu Jack Abramoff, uno dei massimi organizzatori del finanziamento del partito repubblicano, grande promotore della guerra in Iraq, già presidente dell’associazione degli studenti del partito repubblicano e di vari think tank di destra, alcuni dedicati al sostegno al Sud Africa ai tempi dell’Apartheid.
Abramoff creò un’intera coalizione di organizzazioni di bravi conservatori per bloccare le proposte di legge che rischiavano di tassare i casinò. Abramoff è stato, in seguito, condannato per aver truffato i nativi americani di 25 milioni di dollari, ed è stato indagato – ma non condannato – per l’omicidio del proprietario di un casinò con cui aveva litigato violentemente due mesi prima. Una sua fondazione, la Capital Athletic Foundation,avrebbe anche inviato illegalmente 140.000 dollari di armi a gruppi di coloni israeliani.
Da antiproibizionista, stento a cogliere la differenza tra dipendenza da droga e dipendenza da scommesse, ma evidentemente lo stesso sistema che oggi tiene in carcere quasi due milioni di americani, in massima parte per motivi associati alla droga, non ha nulla da ridire quando si tratta di betting.
Per approfittarne, rinascono intere tribù, come la Augustine Band della California, estintasi nell’Ottocento, di cui tre fratelli neri disoccupati scoprono di essere gli unici eredi. Due dei fratelli vengono uccisi in un regolamento di conti per spaccio di droga, la sopravvissuta, Maryann Martin, viene persuasa da alcuni imprenditori di Las Vegas ad aprire la “Augustine Casino”. Lei incassa un milione di dollari l’anno, i suoi sponsor molto di più.
Alcuni membri di tribù si sono trovati così con centinaia di migliaia di dollari, la maggior parte invece con poco o nulla.
Tra i fortunati, i Seminole, che si sono trovati con 35.000 dollari a testa l’anno. Tra i fortunatissimi, il presidente della comunità dei Seminole (oggi caduto in disgrazia), James Billy, un artigiano che costruiva a mano capanne fatte con l’erba, e che per un certo periodo aveva uno yacht privato e un jet da 9 milioni di dollari, già appartenuto al dittatore filippino Marcos.
Il grosso dei proventi, però, vanno alla Seminole Management Associates (SMA), un consorzio di 32 società, tutte ovviamente gestite da bianchi: è questa società, e non “i Seminole”, che ha comprato la catena di casinò a cui fa riferimento Rosalux. E poi ci sono alcuni misteriosi personaggi che giocano e vincono regolarmente e ripetutamente somme enormi.
I Seminole sono entrati nel giro, grazie a un certo James ‘Skip’ Weisman, che si fece dare ilprimo milione di dollari per l’investimento proprio dal suo amico Meyer Lansky; quando la prima società fu chiusa dallo stato, Weisman ne aprì un’altra, che ha ripreso le stesse attività.
Cosa ci fanno i Seminole con i 35.000 dollari che incassano a testa senza lavorare? Non c’è dubbio che stiano meglio di prima, economicamente. Possono studiare, ad esempio, anche se solo l’1% dei giovani si laurea. Ma non mancano i problemi:
“la stessa cosa che ci permette di fare queste cose, ha avuto anche un effetto devastante su di noi perché permette a chi è affetto da dipendenze da sostanze di pagarsi la propria dipendenza…
“Parliamo di conservare la nostra cultura e le nostre tradizioni e tante cose del genere, ma ci stiamo ammazzando ad uno ad uno, con la droga e l’alcol. E ci stiamo ammazzando con la diabete. Ad uno ad uno. E queste sono cose che possiamo controllare: non è necessario che ci uccidano, ma sono le tre cose principali che ci stanno uccidendo oggi: il diabete, la droga e l’alcol. Ecco la nostra distruzione oggi .”
Oltre un quarto dei nativi americani, infatti, è geneticamente predisposto al diabete, che però si scatena con la sovralimentazione.
Rosalux ha fatto una domanda seria: “è una buona o una cattiva notizia che gli indiani Seminole si siano comprati la catena Hard Rock Cafe?”
Ma vedete quanto è difficile dare una risposta seria. Anzi, mi rendo conto che non ho nemmeno dato una risposta.
Fonte http://kelebeklerblog.com/2006/12/15/domanda-seria-risposta-seria/
Fonte http://kelebeklerblog.com/2006/12/15/domanda-seria-risposta-seria/
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