Progresso non è la parola giusta, cambiamento come dice il prof. è la parola giusta, noi usiamo progresso per consolarci.
Oggi metto un p0' di idee che ho partorito a rate. Mi guardavo alcuni video di Serafino Massoni, sono partito per cercare un pezzo in particolare e mi sono visto poi tutto questo sulla depressione, che più della depressione parla di cattiva gestione della vita dall'arrivo del patriarcato, della figura del pater fimilias, o del padre dei cieli, e tutto quello che poi è avvenuto nella nostra società degli ultimi 4000 anni. La competizione, il complesso di Edipo e prosegue poi per un buon venti minuti. Poi quello che segue l'ho scritto in altri tempi e si può collegare con questo ottimo video, poichè leggevo ieri che in America ci sono 50 milioni di malati mentali nuovi a cui somministrare nuovi psicofarmaci, la civiltà del ventunesimo secolo è la civiltà della depressione e dei disturbi mentali in genere. Io, come ho scritto ancora, definisco in una sola parola tutti i disturbi presenti nel mondo d'oggi e nei paesi "sviluppati" in particolare:"Schizofrenia".
Cercare e leggere i sintomi per credere :-)
... per tali ragioni un aspetto fondamentale delle società industriali, si basa sulla creazione del "sovraconsumo", e sulla necessità di spingere al consumo i cittadini ... (come non è difficile capire)
Articolo completo qui, a piè di pagina.
Andare per una volta sola oltre il velo di maya, il velo dell’illusione che tanto
rincorriamo per la maggior parte della nostra esistenza, basta guardarsi
attorno … siamo forse sviluppati? Certo, alla superficie appariamo molto
sviluppati, abbiamo risolto tanti di quei problemi nella storia che oggi non
dovremo più averne. Al livello dove siamo arrivati dovremo vedere le persone
fare i salti di gioia, invece non se ne vedono molte, affatto, il consumismo, il
materialismo spinto al massimo, ci hanno portato a una vita schizofrenica per
usare un eufemismo.... questo mostro chiamato “mercato sovrano” a cui tutti si genuflettono sta distruggendo il pianeta, ancora gira qualche ridicola manifestazione sull’articolo 18, non si riesce a comprendere la deferenza tra il cancro ed il raffreddore. La miopia (o collusione) dei sindacati a non voler capire le vere cause basterebbe come motivo a cancellarsi da queste associazioni. segui a leggere
L’imprinting che ricevono i bambini nella società gestita dall’uomo del duemila, uno dei motivi maggiori per cui alle persone passa la voglia di farne di bambini, perché si riceve un educazione, forzata, scuola dell'obbligo ... che ha poco a che fare con la ricerca della felicità, piuttosto si va alla ricerca della competizione, copiare gli altri, avere le scarpe migliori, il cellulare migliore, essere migliore, scavalcare, avere, possedere e si mette in moto così la macchina dei desideri, che non avrà mai fine, perché appena arrivi ad appagarne uno subito ti frulla nella testa qualcos'altro da poter desiderare e in questa corsa, schizoide, di tutto ci si occupa ma del benessere della persona no. Allora sono nate le chiese, i cimiteri e la fede, per sopportare meglio il passaggio su questa terra, ma se osserviamo le formiche, le api, i gatti, i passeri, loro non hanno cimiteri e chiese, siamo superiori? Si, per essere robot siamo superiori. I nostri paesi misurano il PIL, prodotto interno lordo, ma non si parla mai della felicità interna lorda, allora a questo punto il sistema sanitario e assistenziale degli indios nelle pianure del Rio delle amazzoni è migliore del nostro. Noi pensiamo troppo spesso come se fossimo immortali, morte, è la parola magica che ha fatto nascere templi, cattedrali e cimiteri, o meglio, la paura della morte.
L’imprinting che ricevono i bambini nella società gestita dall’uomo del duemila, uno dei motivi maggiori per cui alle persone passa la voglia di farne di bambini, perché si riceve un educazione, forzata, scuola dell'obbligo ... che ha poco a che fare con la ricerca della felicità, piuttosto si va alla ricerca della competizione, copiare gli altri, avere le scarpe migliori, il cellulare migliore, essere migliore, scavalcare, avere, possedere e si mette in moto così la macchina dei desideri, che non avrà mai fine, perché appena arrivi ad appagarne uno subito ti frulla nella testa qualcos'altro da poter desiderare e in questa corsa, schizoide, di tutto ci si occupa ma del benessere della persona no. Allora sono nate le chiese, i cimiteri e la fede, per sopportare meglio il passaggio su questa terra, ma se osserviamo le formiche, le api, i gatti, i passeri, loro non hanno cimiteri e chiese, siamo superiori? Si, per essere robot siamo superiori. I nostri paesi misurano il PIL, prodotto interno lordo, ma non si parla mai della felicità interna lorda, allora a questo punto il sistema sanitario e assistenziale degli indios nelle pianure del Rio delle amazzoni è migliore del nostro. Noi pensiamo troppo spesso come se fossimo immortali, morte, è la parola magica che ha fatto nascere templi, cattedrali e cimiteri, o meglio, la paura della morte.
Il mio
Io deve agire su qualcosa nello spazio e nel tempo per modificarlo, per modificare
queste immagini che fanno parte di una realtà duale all’apparenza, spazio e
tempo, ma in realtà sono la stessa identica cosa, indivisibili, l’uno non
esiste senza l’altro. Adesso decido di alzarmi, devo agire sul corpo
mio, e qualcosa si separa da questo corpo mio, io non sono più il mio corpo, lo
devo alzare. La non appartenenza al corpo è ovviamente una cosa innata dentro di
noi, sin dalla nascita ci dobbiamo convivere e abituarci a questo corpo ed ai
suoi bisogni, bisogni che sono spesso e inevitabilmente fonte di sofferenza,
lo è il bisogno di cibo, di sonno e via proseguendo tutti i dolori che questo
abito di carne con un cervello che invia impulsi elettrici ci avverte del
pericolo, non mangio quindi muoio, devo procurarmi subito il cibo, costi quel
che costi, istinto di conservazione:Io e
l’Es, Das Ich und das Es, viene
pubblicato da Freud nel 1923, dopo
aver identificato e teorizzato per la prima volta al di là del principio del
piacere la presenza nella psiche umana della cosiddetta pulsione di morte,
(Todestrieb), cioè di un desiderio originario e
permanente di opposizione alla vita, di una tendenza strutturale
all’autodistruzione e, insieme, all’aggressione e alla conflittualità con gli
altri. Quando la vita diventa soltanto dolore e non c’è più felicità
tanto vale togliersi la vita, la frase di Dante dedicata a Catone, inizio
purgatorio:”Egli, Catone, libertà va cercando, che si cara, come sa chi per lei
vita rifiuta”. Oppure gli allievi di Seneca quando chiedevano al
maestro quale fosse la via per la felicità e il maestro rispondeva una vena del
tuo corpo. Almeno che una persona non manifesti questa tendenza sarà obbligata
al di la ogni ragionevole dubbio ad ubbidire al proprio corpo. Già, ubbidire,
proprio noi che da sempre cerchiamo quella libertà che non può esistere se non
in forma effimera nella dimensione in cui ci troviamo, perché sin dall’inizio
la vita impone un padrone:”Il corpo”.
Per questo aggiungerne altri non è cosa intelligente, ne benigna, non sarà mai
fonte di benessere. Il padrone della nostra esistenza è in primis il nostro
tanto amato corpo, grazie al quale possiamo vivere emozioni bellissime, forti e
intense, e ovviamente un prezzo da pagare c’è, la natura non regala nulla se
non ve ne siete accorti. La nostra essenza non ha bisogno di spiegazioni, il
mistero è bello e oltre modo necessario per gustare a pieno la vita, non
abbiamo bisogno di maestri di divinità, lo sappiamo fin da piccoli che una
divinità è racchiusa, a me a volte piace pensare che è imprigionata più che
racchiusa, dentro di noi. E per questo
non saremo mai totalmente noi stessi in questa esistenza, ed il motivo è più
che concepibile se analizziamo la nostra natura, noi non siamo di questa
dimensione. Un antico proverbio egiziano recitava:”Il Faraone detesta la terra perché il Faraone
è destinato al cielo”. Quale verità è più giusta di questa? In fondo
da dove veniamo non lo sappiamo e mai lo sapremo, come non sappiamo dove siamo
diretti, ma una certezza è che non siamo nati o stati generati per restare qui,
questo è solo un breve passaggio, apparentemente lunghissimo se osserviamo i
fatti compiuti in una vita, ma dall’altra parte brevissimo se guardiamo la
velocità con cui i nostri trenta, quaranta o cinquant’anni sono passati, come
evaporati in una nuvola scura senza luogo e senza tempo:”L’infinito è dentro di noi e attorno a noi”. Noi siamo parte di
questo infinito, ne siamo una piccolissima ed infinitesima parte ma ne facciamo
inevitabilmente parte. Il Buddha diceva una frase bellissima:”La vita è prima di tutto sofferenza, io vi
insegno come vincerla”. Sofferenza … cosa c’è di più adeguato della parola
“sofferenza” per rappresentare un essere di natura opposta al luogo in cui è
costretto vivere? (o vuole, non lo sappiamo questo e mai lo sapremo).
L’io può osservare se stesso? Lo fa spesso e altrettanto
spesso non si capisce
Dioniso777
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