I CAPITOLO
Fonte http://www.tnepd.com/2012/chi-comanda-a-questo-mondo-i
Nessun interpellato, ad oggi, è stato in grado di darci una risposta soddisfacente. Anche perché quelli che ci premono sono i nomi, e i cognomi, e magari anche gli indirizzi.
Qualcosa, per lo meno, l’abbiamo assodato: il potere non passa di mano in mano a chi assume una carica pubblica. Non funziona così. E’ del tutto fuori strada chi pensa che i vari presidenti di questo o quel Paese decidano qualcosa. Il potere, quello vero, è stato accumulato e trasmesso per secoli, millenni, di generazione in generazione, di padre in figlio, gelosamente, a prezzo di compromessi, intrighi, tradimenti, riti, omicidi, faide e chi più ne ha più ne metta. Una fatica boia, va ammesso. Il potere non è roba che si concede ogni quattro o cinque anni a persone fotogeniche e di lingua sciolta.
Purtroppo ci hanno cresciuto male e quando ci chiediamo: “Chi comanda a questo mondo?” d’istinto tendiamo a guardare verso l’alto, verso le cime delle piramidi di cartone messeci in testa da secoli di pessima istruzione ed affilata propaganda. La lista nera che ne segue è sempre più o meno la stessa:
. Obama, presidente degli Stati Uniti d’Ammerica
Negli ultimi anni sono salite alla ribalta le nuove stars dell’economia:
. Mario Draghi, presidente della BCE
. Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve
. Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale
Le varianti mistiche sono per un pubblico di nicchia ma non passano mai di moda:
. il Papa
. il Papa Nero
. Satana incarnato (se non coincide con uno dei primi due, o con entrambi)
E via discorrendo. Chi si è fossilizzato su queste liste è proprio fuori strada, specie quelli che si attengono alla prima. Tutti i caratteristi elencati non hanno potere. Hanno una carica. Una carica che rivestono perché sono dei devoti yesmen di qualcun altro.
Facciamo un passo indietro e consideriamo la figura del presidente degli Stati Uniti nella storia recente, F. D. Roosevelt ad esempio. Agli occhi dell’ortolano di Vercelli, il presidente degli USA in piena secondaguerra mondiale appariva di gran lunga l’uomo più potente del mondo ed ogni bomba che pioveva sulla testa ne era una conferma. In generale, i presidenti americani del passato rivestono il ruolo di “uomini più potenti del mondo” nell’immaginario delle ingenue generazioni che ci hanno preceduto. Amati o odiati secondo i punti di vista, si dava per scontato che potessero dire no a chiunque: a mezzo mondo (prologo), ai tedeschi (I° atto), ai russi (II° atto), ai cinesi (III° atto) persino a rischio di provocare, prima che si chiudesse il sipario, una Terza – tanto attesa – Guerra Mondiale (epilogo). Chi, in un’osteria di Casalpusterlengo, avrebbe negato che Roosevelt fosse un uomo dai poteri quasi illimitati? Chi, di tutti i cittadini di Pieve Emanuele, avrebbe avuto l’ardire di rivolgergli la parola? Per l’uomo della strada, soggetto alla paura ed al fascino del male, le cose stavano così. E stettero così anche dopo Roosevelt. Quella che il presidente degli Stati Uniti fosse un carismatico superuomo irraggiungibile, il “padrone” del mondo, era una convinzione quasi universalmente diffusa fino a qualche tempo fa, nonostante la faccia da ragioniere di Truman e la comparsata di Kennedy.
Oggi, dopo un triennio con un nero bighellone alla Casa Bianca, anche la gente comune ci sta arrivando che quello lì non può essere l’uomo più potente del mondo. Se Obama è stato messo lì, ciò è stato fatto anche allo scopo di depotenziare – ed in ultimo delegittimare – la figura del politico come decisore nell’immaginario collettivo, occidentale e non solo. Un pò come Prepuzio Mussoloni da noi.
Ed io, incidentalmente, mi vedo impossibilitato a non contribuire a tale fine corroborando in ciò la tesi che il nostro destino comune è già scritto, alla faccia di tutta la buona volontà che possiamo metterci.
Fuori dai denti… Obama, ad una cert’ora della sera, si siede su una poltroncina accanto a un lume e qualcuno gli passa il copione per il ciak successivo. Lui se lo legge, memorizza e il giorno dopo, ripete.
II CAP
Vien da chiedersi, allora: chi scrive i copioni di Obama? E’ lo stesso che li scrive anche per James Bond-Putin? E per Ban Ki-Moon? E per la Culona-Inchiavabile? Perché se Obama è eterodiretto, allora lo sono per forza anche tutti gli altri. Gente che si presumeva e si presume potente, sì, ma mai quanto il presidente dell’Ammerica.
Insomma, dopo tanto peregrinare abbiamo almeno inquadrato la domanda da porci (quali siamo). Abbiamo smesso di chiederci “Chi sta in cima alle piramidi?” perché ormai ci è chiaro che sono piramidi di cartone, scenografie di un grande show. Adesso, a ragion veduta, ci chiediamo: “Chi manovra i personaggi in cima alle piramidi?”.
E quindi: “Chi scrive i testi a tutti i politici e attori economici di primo piano del pianeta?” [Ahmadinejad compreso, non fatevi illusioni.]
E’ il concetto di ghostwriter che si applica anche a livelli molto più bassi diaudience. La gran parte dei musicisti, scrittori, pittori, scultori, giornalisti non sono gli autori di ciò che firmano, però a te lo spacciano come fosse un loro parto. Tutti – e sottolineo tutti – i più “prestigiosi” professori universitari, managers, opinion leaders, uomini politici passati e presenti hanno una vita pubblica in cui recitano con parole d’altri ed una privata in cui recitano con le proprie. Non sono quello che sembrano.
Il buon Prepuzio Bunga Bunga Mussoloni – che in origine era uno del popolo – ci ha dato un gigantesco “aiutino” mettendo in piazza la sua becera sfera privata, ma i più si rifiutano ancora di credere che questi impomatati da salotto televisivo possano essere in realtà degli avidi zozzoni che se un centesimo di quello che fanno lo facesse il mio vicino, ne parlerebbe tutto il quartiere. Zio panino, è palese! E paradossale.
Il lettore mi scuserà se talvolta mi lascio andare, ma la realtà è tanto cristallina che duole, fa rabbia ed infine compassione osservare il vacuo procedere di chi proprio non vuole vederla.
Comunque, la figura del ghostwriter non è un’invenzione recente. Si narra che persino Omero avesse un ghostwriter, per non parlare di Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Parrebbe nulla di trascendentale, quindi.
In effetti è curioso notare come, in quest’epoca in cui tutto è relativo, il rendersi conto che i politici di primo piano, senza eccezioni, sono soltanto attori che recitano un copione non faccia poi un grande effetto. Ci hanno abituato all’idea, come a tutte le altre dissonanze di questa strana società, rincoglionendoci con le omelie, con i serial televisivi, con la neolingua del “girarci attorno” e del “ridefinire le cose come fa più comodo” e con l’assuefazione al meno peggio.
Per rimanere in casa nostra, si pensi al volto di La Russa, si pensi a Gasparri, si pensi a Rutelli, a Formigoni, a Borghezio, a Prepuzio Mussoloni, si pensi a Bersani, a Veltroni, a Vendola, a Scilipoti. Ma davvero si può credere che dei dementi di questo calibro siano qualcosa più che attori la cui miglior dote è d’avere la faccia come il culo? Sono individui spregiudicati e ricattabili, assoldati perché facilmente controllabili e privi di coscienza, disposti a mentire per qualche dollaro in più (o per restare fuori di galera). Sono la parte più becera e ributtante della società e ciascuno di ‘noi che non contiamo un cazzo’ dovrebbe darsi copiose bastonate sulle palle ogni mattina pensando che per un altro giorno quegli inetti staranno seduti su comode poltroncine di velluto a cercar escort con l’iPad alla faccia nostra.
III CAP
III CAP
Tutto questo mio ribadire quanto fasullo sia lo showè propedeutico alla comprensione di quanto esso sia nocivo ed eterodiretto allo scopo. Lo scoglio più difficile da superare nel processo di risveglio dall’incubo, infatti, non riguarda tanto la comprensione delle storture del sistema, quanto la capacità dei singoli di immaginare quanto migliore potrebbe essere la vita al di fuori di esso. Saper sognare una società ideale – drammaticamente differente dalla nostra – è il primo passo utile a riconoscere le pessime condizioni dell’attuale ed i suoi effetti su ciascuno.
Recuperata la capacità di sognare, diventa palese che il corso degli eventi interni al sistema non segue un flusso naturale, se ne deduce che il sistema è eterodiretto e – visto che le cose vanno di male in peggio – è ovvio che in cabina di regia per ora ci sono i “cattivi”. Finché ci staranno loro, tutto andrà come decidono loro. Quindi, si presume, sempre peggio per chi sta fuori dalla cabina. Le soluzioni per chi sta fuori sono soltanto due: o si impadronisce della cabina, o stacca i cavi che lo tengono collegato ad essa. Sull’intervento di fantomatici “buoni” non conterei troppo e se mai accadesse qualcosa del genere dubito che ci si potrebbe fidare di loro più degli attuali “cattivi”.
Comunque sia, andrà tutto come deve andare. Andrà per il meglio se te lo sei meritato, e se non abiti in centro a Teheran. Tanto, anche se muori, poi ti reincarni. Speriamo non a Teheran.
C’è chi sostiene che la vita non sia altro che un circolo vizioso e che dal circolo si esca uscendo dal vizio, o traslocando. Forse se ne esce soltanto rendendosi conto di non contare nulla ed al contempo di contare tutto. Per ora, comunque, ci siamo dentro fino al collo e quindi torniamo sulla Terra ad interrogarci su chi la comanda.
Se dio vuole possiamo buttare in un unico calderone tutti i politici, i managers e i personaggi ‘famosi’ in genere e chiamarli opinion leaders. Benché siano al soldo dei poteri superiori, essi ne sono sostanzialmente l’antitesi poiché la loro ragion d’essere è direttamente proporzionale alla loro visibilità. Più appaiono, meno decidono. La realtà è questa.
Il successo sociale degli opinion leaders, in qualsiasi settore, è artificiale. Detto in altre parole: tu non puoi diventare visibile (famoso o creduto potente) in nessun settore se non fai convergere il tuo modo d’agire alle aspettative dei gradi più alti della gerarchia. Di questo si occupa la Massoneria in tutte le sue forme. Produttori di visibilità, lo sappiamo, sono i media mainstream. Gestire a menadito la comunicazione mediata di massa è non a caso in cima alla lista delle priorità per chi esercita davvero potere, stando nell’ombra. Per questa ragione è da un pò che ci stiamo chiedendo “Chi mette le parole in bocca a tutti questi opinion leaders?”
Politica, cinema, sport, musica, economia, giornalismo, intrattenimento… c’è di buono che possiamo mirare ad occhi chiusi perché, a questo punto di cottura, nessun personaggio ‘pubblico’ è sincero. La nota dolente è la constatazione che il successo di tutte queste stars di poco talento e gran faccia tosta fonda su due gambe: la loro capacità di prendere per il culo il prossimo e la disponibilità del prossimo a farsi prendere per il culo. L’umanità è per la gran parte composta da una massa di idioti, non c’è altra spiegazione. Idioti indotti, d’accordo, ma pur sempre idioti. Un’alternativa ad ‘idioti’, una definizione soft che non mi alieni la simpatia del 98% dei lettori, potrebbe essere pecorelle smarrite, ma l’hanno già usata ed abusata.
Quello dell’opinion leader è un mestiere per pochi e chi lo intraprende merita d’essere strapagato considerando che fa una vita di merda e che è destinato alla dannazione. Ciascuno soggiogato al proprio vizio – in genere l’avidità e/o la lussuria – gli opinion leaders vengono sempre più scelti tra persone becere e meschine. Privi della dote del pudore, essi recitano nella vita pubblica un ruolo previsto da un copione. Se sgarrano, sono fuori. La loro funzione è d’essere agenti di distrazione, futilità, degrado. Il premio pubblico che ricevono per la loro svergognata mediocrità è in genere monetario; il premio privato è l’impunità di sgarrare, di abusare; la loro soddisfazione ultima consiste nel sentirsi al di sopra delle masse.
Se già non lo sono, gli opinion leaders diventano presto schizofrenici, dipendenti da sostanze stupefacenti e – con ciò – ulteriormente ricattabili e manovrabili da chi ha dato loro l’ebbrezza del successo. La visibilità, l’audience – quella che in politica si chiama consenso elettorale – diventa la loro esclusiva ragion d’esistere, costi quel che costi. Frustrati, psichicamente instabili, essi hanno però ben chiaro qualcosa che sfugge al pollame che li osanna: il loro successo dipende da qualcuno che sta sopra e non sotto di loro.
IV CAP
Resta il fatto che i testi recitati dagliopinion leaders qualcuno li scrive davvero. Assodato che non sono i giullari partoriti da questa farsesca democrazia rappresentativa, allora chi?
Chiunque sia, quest’ultimo è consapevole di quello che fa e di cosa vuole ottenere. Lo sottolineo perché, in casi come Gasparri, Scilipoti – a occhio parrebbe anche Obama – è lecito presumere che gli stessi non si rendano del tutto conto di quello che fanno e delle conseguenze pandemiche della loro immeritata sovra-esposizione. In questo momento storico i veri manovratori, per buon senso e per buon gusto, non si fanno eleggere deputati o presidenti di alcunché. Il loro reale potere manipolatorio è inversamente proporzionale alla loro visibilità pubblica. Per questa ragione è tanto difficile, anche per il miglior indagatore, scovarne i nomi, i cognomi e – figuriamoci – gli indirizzi. Essendoci preclusa l’osservazione diretta, non ci resta che la logica induttiva, che è piena di difetti. Usiamola comunque.
E’ impensabile che una persona sola scriva tutti i testi dei discorsi di tutti i politici, managers e opinion leaders del mondo. Ovviamente la cosa è in mano ad agenzie dotate di adeguati staff composti da sceneggiatori, parolieri, dialoghisti e traduttori. Migliaia di professionisti che si vendono per denaro, come tutti noi d’altronde. Vale molto poco, dunque, puntare il dito verso di loro – come verso i piloti degli aerei che rilasciano scie chimiche nel cielo o gli impiegati di Equitalia – per sentirsi meno colpevoli. Lo siamo tutti, chi più chi meno, al soldo di qualcuno. La maggior parte di noi per otto ore al giorno, altri – più fortunati – soltanto per pochi momenti nella vita.
Anche i ghostwriters sono strutturati per via gerarchica, come i personaggi a cui scrivono i testi. Anch’essi, come chiunque si adatti al sistema, sono proni agli ordini che giungono dall’alto ed assumono come linea guida quella percorsa dal loro diretto superiore. E’ il processo di controllo a cascata che ben conosciamo e che permette alle piramidi di cartone di stare in piedi. Sistema che si può far saltare dall’interno solamente se ne esce rapidamente un numero adeguato di tasselli, ma trovare la forza di uscirne per davvero è estremamente difficile senza la motivazione derivante da uno shock. D’altronde tutti i nostri principali cambiamenti cognitivi derivano da uno shock. I benpensanti che ancora insistono nella politica dei piccoli passi e dell’accontentarsi del meno peggio dovrebbero cercare di visualizzare la dimensione planetaria di questa secolare struttura di controllo, rendersi conto – ammettiamolo – della grandiosità di questo mastodontico baraccone fatto per tentare e distrarre le anime più semplici, curiosamente reso forte dalle debolezze dei singoli. Non si può smontare un pezzo alla volta, dall’interno, con le petizioni, le raccolte firme e i volantini ciclostilati.
L’unica è uscirne finché si è in tempo, finché non si è ancora del tutto assuefatti. I primi passi sono noti: buttare il televisore e gran parte degli elettrodomestici dalla finestra; smettere di spendere denaro e smettere di lavorare, per quanto possibile; ridurre i consumi all’osso; abbandonare le città, coltivarsi un orto, ritornare vegetariani – se non pranici – e meditare su tutti gli errori fatti e da fare; ritirare i figli dalle scuole ed istruirsi da soli, finché non tolgono la spina, utilizzando le mille fonti alternative disponibili sul web; smettere di utilizzare farmaci ed alimenti confezionati; utilizzare l’energia del Sole e del vento; parlare ed ascoltare sé stessi e gli altri. Insomma, le solite cose trite e ritrite che tutti sanno e nessuno fa. Fossi rimasto in Italia, probabilmente non le avrei fatte nemmeno io. Per questo mi sono trasferito in Africa dove questo tipo di condotta non fa notizia e la gente è molto più bella che da noi. Mangiano un cazzo e sono più belli di noi, non c’è niente da fare. Perciò, se posso permettermi un consiglio al lettore volenteroso giunto fin qui, ti dico: “Cambia, prova, lanciati, shockati da solo prima che lo facciano gli altri per te.”
Sempre più osservatori, in effetti, sostengono che l’umanità sia diretta proprio verso uno shock pazzesco che la farà saltare ad un nuovo livello di consapevolezza. Tra di essi, alcuni sentono che questo shock è un destino già scritto a prescindere dagli attori, altri stimano che esso sia evitabile – o posticipabile – ma che in questo momento sia fortemente voluto ed indotto da qualcuno, volontariamente.
Una via per scoprire chi comanda a questo mondo può essere allora quella di prendere in considerazione la direzione in cui quel qualcuno ci sta portando e cercare di interpretarne le intenzioni. Sempre che non abbiano ragione i deterministi. Si può, credo, trovare un accordo tra le due interpretazioni convenendo sull’evidenza che c’è una ristretta elite di individui che dirige tutto il baraccone ma in effetti, se ciò accade, è perché comunque doveva andare così.
Anche accettando che il nostro destino comune sia inevitabile, possiamo comunque sollazzarci ad osservare il tutto cercando di capirci qualcosa per esserne il più possibile immuni. Tanto, come si suol dire, s’ha da morì. Sapere è potere – lo ripeteva anche il nonno – ed attualmente l’uso più sano del potereconsiste nel proteggersi da quello altrui. Ciascuno, individualmente, rendendosi conto di essere soggetto ad un numero sempre più elevato di interferenze nocive al proprio libero esistere e libero pensare, dovrebbe rimboccarsi le maniche e sforzarsi di cercare la consapevolezza nell’umiltà, insieme a chi già ci prova. Ma non succede a molti, purtroppo, perché evidentemente non deve andare così.
Dubito che ci sarà una sincera redenzione collettiva, subitanea e spontanea. Probabilmente non ci sarà nemmeno in caso di shock – o meglio – lo shock necessario dovrebbe essere tanto grande (una riduzione della popolazione mondiale ai bei tempi di Adamo ed Eva) che non ci voglio nemmeno pensare anche perché la probabilità che Adamo sia io e che mia moglie sia Eva è davvero remota.
V CAP
Quindi, nessuna biblica redenzione collettiva. Più probabile che accada ciò che segue: depressione, guerriglia urbana ed epidemie in Occidente, polvere da sparo e veleni in Medio Oriente, espansione dell’Oriente e dell’emisfero australe. Lo so, girano le balle a pensare che i predestinati a scamparla siano proprio i cinesi, ma questa sembra la direzione più coerente all’andamento degli avvenimenti.
D’altronde i cinesi – e gli orientali in genere – sono funzionali al “dopo”. Sono gente fisicamente debole, di indole mite e propensa a chinare la schiena. In un futuro che si presume robotizzato, la necessità di mano d’opera si ridurrà ai programmatori ed ai manutentori delle macchine. E chi meglio di un cinese?
Ma non c’è solo il dovere. C’è anche il piacere. Per loro disgrazia, la maggior parte dei maschi cinesi sono minidotati ed esteticamente raccapriccianti. Qualche ragazza si salva, ma poca roba. Va sottolineato, invece, come i meticci cino-qualcosa vengano molto bene, specie se quel qualcosa è nero. Poiché ai sovrani del mondo interessa di certo continuare a sollazzarsi le parti basse con gente bella, giovane e fresca, l’idea di preservare dall’olocausto un’etnia cino-africana o cino-sudamericana è forse la più azzeccata. Ne uscirebbero sudditi con poco sale in zucca, scarse pretese e con un culo da favola.
[Mi tornano in mente le parole di Domenico Schietti – che in passato pubblicai fin quando il blog TNEPD non fu attaccato da ‘malwares’ (che sparirono allorché cancellai il feed di Schietti dalla Syndication) – il quale sottolineava spesso che in cima alle piramidi si davano tutto questo gran daffare ad accumular potere più che altro per raccattare figa e cocaina gratis. Che spasso leggere Schietti, lo ripubblicherei se solo ricominciasse a scrivere.]
Insomma, se ancora non riusciamo ad aver chiaro ‘chi’ comanda a questo mondo, abbiamo almeno assodato il come (col sistema delle piramidi di menzogne, tentazioni e paura), il dove (in tutto il pianeta, parrebbe persino in Antartide), il quando (da secoli se non millenni, ma si spera ancora per poco) ed il perché (per avere sempre ragione, specie nel torto). Insomma, questi vogliono far girare il mondo al contrario, un pò come Superman quando muore Lois Lane, per tornare indietro nel tempo all’epoca della frusta e dello ius primae noctis.
Dici di no? Allora rispondi sinceramente. Se tu potessi, non allontaneresti da te e dai tuoi cari le persone pericolose o anche solo fastidiose al vostro quieto vivere? Non è anzi quello che già fai con giardini, siepi, cancellate e portoni? Non è quello che già fai confidando di traferirti a breve in un quartiere un pò più caro ma di maggior prestigio? Oppure quando scegli un ristorante più costoso perché certa gente non ci può entrare? Ammettilo, a te non va di stare al bancone del bar – spalla a spalla – con albanesi e marocchini perché puzzano, sbraitano e ti danno fastidio; meglio una bella figa.
Ecco, a qualcun altro non va di condividere questo pianeta con te e – visto che può – agisce allo scopo. Come dargli torto?
VI CAP
Se non sono interessati ad apparire sui rotocalchi, i sovrani del mondo tengono di certo ad entrare nella storia. Ma che storia? Quella che fa comodo a loro, ovviamente, poiché la storia la fa chi la racconta, in assenza di fonti alternative. La storia la fanno i vincitori, come si suol dire. Quella che ci propinano a scuola e attraverso i media è una favola tutta riscritta da loro e non può quindi essere che il prologo degli eventi che essi intendono realizzare nel futuro. E’ una sorta di vaccinazione, l’ennesima supposta.
D’altronde le nozioni storiche che restano nella testa delle masse sono prevalentemente eventi imperiali di soprusi, dolori e vizi. I grandi miti del passato sono tutti madidi di sangue e merda. Un pò come gli attuali.
Se va bene, la prima grande civiltà che l’uomo comune tende a ricordare è quella egizia. I faraoni, la sfinge, le piramidi. La cartolina che rappresenta al meglio l’impero egizio nell’immaginario collettivo ha le tre piramidi di Giza in primo piano e migliaia di schiavi coi capelli a caschetto che tirano pietre nel deserto sullo sfondo. Le parole chiave dell’impero egizio nella cultura popolare sono: schiavi (flessibilità del lavoro), piramidi (grandi opere) e Cleopatra, che è di tutt’altra epoca ma una bella figa ci sta sempre bene. Un’iconografia chiara che vuole collegare la maestosità delle più evidenti imprese umane ad un necessario sfruttamento di masse di servi. “Sì, vabbuò – dirai tu – e chi se li incula gli egizi al giorno d’oggi?” Eppure quella egizia è una simbologia più ricorrente di quanto si creda. Si pensi ad esempio agli obelischi; ce n’è uno in Piazza San Pietro in Vaticano, uno di fronte alla Casa Bianca a Washington e uno in fondo ai Campi Elisi a Parigi e molti altri che ora è lungo elencare. Ce se sono migliaia in giro per il mondo. Non c’è che dire, la promozione dell’iconografia egizia è in mano da millenni ad un ottimo ufficio di pubbliche relazioni.
Il successivo mito imperiale tramandato alle masse dalla storia ufficiale (manualistica, narrativa e – al giorno d’oggi – cinematografica) è quello diAlessandro Magno. Bello, giovane, figlio di mammà e culattone. Uno che non voleva fare il re, non voleva comandare sui popoli, voleva solo menare la spada. Un guerriero più che un sovrano. Essendo il primo dei due “magni”, Alessandro il macedone è anche quello su cui esistono meno fonti reali e dunque il personaggio sulle cui spalle è più facile ricamare una storia ad hoc. L’immagine di Alessandro Magno che si è stampata nella memoria collettiva è quella di un guerriero che brandisce una spada (armi) insanguinata (dolore e morte) in groppa ad un cavallo rampante (la forza, il successo corrispondono a quanto dolore sai provocare). A proposito della sua omosessualità, va ammesso che a quell’epoca per i ricchi era uso comune inchiappettarsi anche i ragazzini oltre che le ragazzine. Non saprei dire se il macedone fosse uno dei pochi ricchi che lo prendevano nel popò o uno dei tanti che lo mettevano. Il tema necessiterebbe di maggiore approfondimento ma – visto che i greci si studiano alle medie – i professori tendono a sorvolare. Ci pensa il cinema a far rientrare dalla porta il pruriginoso particolare uscito dalla finestra avvalendosi dei servigi del “sempre presente quando c’è da confondere la gente” Oliver Stone. Stone, ovviamente, fa passare Alessandro Magno per uno che lo prendeva. In linea con l’omosessualizzazione della società operata tramite la propaganda e le vaccinazioni.
Poi è toccato a noi, i romani. Boia chi nega che pensando ai romani viene subito in mente una carovana di legionari alla conquista, che so, della Gallia. Guerre, eserciti, impero. Agli italiani si gonfia il petto quando si parla di romani (quelli antichi), siamo tutti un pò orgoglioni di essere i pronipoti del popolo dei Cesari. Beh… a quei tempi, fossi stato un abitante di un qualsiasi tranquillo villaggio del bacino del Mediterraneo, mi sarei sentito come un moderno libico (o palestinese o egiziano o iraqeno, o afgano, o siriano, o vietnamita o cambogiano, o messicano, o pakistano… o… sotto il fuoco incrociato dei missili ammericani). Fa fico guardare le cartine storiche e commentare: “Guarda come ci eravamo espansi! Avevamo conquistato fino a qui e qui e qui.” Fa fico, sì, se stai dalla parte dei più cattivi.
E dopo i romani? Fu subito Medioevo, che per l’uomo medioccidentale significa Chiesa Cattolica Romana e secoli bui. Del Medioevo la gente comune ricorda l’inquisizione, la peste e i roghi delle streghe. Inutile sottolineare quanto sangue e quanta merda ciò rappresenti procrastinato per otto/nove secoli.
VIII CAP
Dell’epoca dei comuni quasi nessuno ha sentito parlare, manca di quel tenore imperiale che contraddistingue la storia che i vincitori sono interessati a propagandare.
La storia ‘per tutti’ riprende con Cristoforo – nomen omen – Colombo e la sua grande impresa. Insomma, grande impresa… il fischio d’inizio del maggior olocausto che si ricordi: la colonizzazione di quelli che oggi chiamiamo Nord e Sud America. Spagnoli, francesi, inglesi, olandesi, portoghesi, nordici, sudici, tutti andarono, uccisero e sgraffignarono. Qualcuno si decise persino a rimanerci in pianta stabile su quella terra grondante sangue. Non a caso molti, oggi più che mai, li definiscono ‘popolo di Satana’ questi ammericani. Quella iniziata con Colombo è l’epoca dello sfruttamento coloniale ed ancora non si è conclusa. E’ inimmaginabile il valore economico dell’arricchimento che taluni realizzarono nei primi secoli dell’era moderna, il XVI ed il XVII, in termini di proprietà terriere, metalli preziosi e beni reali. Fortune immense concentrate già allora nelle mani di pochi. A possedere tutto questo ben del diavolo erano i sovrani, pesantemente condizionati nel loro procedere da interessi particolari, ma per lo meno esposti in prima persona nei confronti dei sudditi, ossia dei servi, degli sfruttati che ci sono sempre stati e ancora ci sono, numerosi quanto allora benché oggi più creduloni.
L’eccessiva visibilità e la decadenza dei costumi furono fatali agli epuli regnanti europei di quell’epoca. Essi caddero come mosche nell’arco di un secolo. Anche di questa stagione, non a caso, si ricordano in special modo le maggiori carneficine: la rivoluzione americana, quella francese e quella russa.
Rammarica constatare che la storia (vera o presunta che sia) del diciannovesimo secolo è un foglio bianco per la maggior parte del pollame. Troppi eventi, troppi personaggi. Le menti semplici tendono a saltare direttamente alla seconda guerra mondiale perché quella è una vicenda semplice, cinematografica, con un cattivo sanguinario da una parte e i buoni che vanno ad esportare la democrazia coi bombardamenti a tappeto dall’altra. Parliamo della Libia? Dell’Iraq, Pakistan, Vietnam, Corea, Messico, Sudan, Palestina, Cambogia, Kosovo, Afghanistan, etc, etc? No, parliamo dell’Italia del 1945. Comunque sia, della seconda guerra mondiale si ricordano tutti perché c’era Hitler. Senza un personaggio così straordinario, con quei baffetti, la seconda sarebbe caduta nel dimenticatoio come la prima. Alzi la mano chi si ricorda come è andata la prima guerra mondiale! Chi stava di qua? Chi stava di là? Chi è passato di qua? Chi è saltato di là? Chi ha vinto? Chi ha perso? Noi con chi stavamo? Buio completo.
Della seconda guerra mondiale tutti ricordano che i cattivi erano i tedeschi (coi giapponesi, mavalà?) e i buoni erano gli ammericani e gli inglesi. Ce l’abbiamo stampato in testa che è andata così anche se a bombardarci furono proprio loro ed a tagliare le gambe a Hitler e a uscirne meglio di tutti, a conti fatti, furono i russi.
E venne la Democrazia Cristiana. Segnati questa previsione: il governo del nuovo ordine mondiale sarà una specie di pentapartito all’italiana. E siamo stati noi ad inventarlo: il più stabile sistema di governo pseudo-democratico dell’epoca moderna, il più soft ed inattaccabile dei totalitarismi mascherati. Quarantaquattro anni di governo ininterrotto – gente! – nessuno ha saputo fare tanto nel tumultuoso XX secolo. Un nome, una garanzia: DC Democrazia Cristiana. Quarantaquattro anni.
Non c’è dubbio, i più diabolici strateghi della manipolazione di massa, da che mondo è mondo, li ha il Vaticano. Mannaggia a loro!
Insomma, dopo lo shock della Terza Guerra Mondiale probabilmente il mondo entrerà in un nuovo Medioevo. Noi italiani siamo ultra-vaccinati da mezzo secolo di Democrazia Cristiana e questo gioca a nostro favore. Ci adatteremo meglio di altri. Anche in Italia, comunque, la classe media subirà un severo downgrade da BB+ a C-. Non saranno le impietose Parche della finanza ad emettere la sentenza, ma lo sportello del bancomat che si rifiuterà di sputar soldi. A quel punto, dopo tanti tentennamenti, le persone imbracceranno davvero il forcone e cominceranno a scannarsi tra loro.
VIII CAP
Insomma, il mondo è bello perché è vario, ma evidentemente non abbastanza. Infatti i più non riusciranno ad aprire gli occhi prima che sia troppo tardi.
Temo che risulterà vano lo sforzo elargito dai tenaci comunicatori di libero pensiero allo scopo di reindirizzare il corso degli eventi convincendo le persone a riconvertirsi alla ragione, al buon senso ed alla pace. E’ troppo difficile, impossibile – come detto – che la redenzione avvenga senza uno shock. No shock, no redenzione. Convinto di questo, chi auspica per l’umanità un “salto di consapevolezza” sta lavorando alacremente alla produzione di un bel botto globale.
Si provino a visualizzare le “masse” – intese come agglomerati di persone – e ad enumerarle se ci si riesce. Miliardi di individui, di cui buona parte analfabeti e massima parte aggrovigliati nei miasmi del sistema. E’ impossibile, sono troppi ed impreparati. Figuriamoci se li si riesce a riconvertire tutti al buon senso. In effetti non ci si riesce nemmeno con categorie più ristrette e che si presumerebbero più ricettive.
Basti pensare che il 99% degli analisti storico-politici considerati notevoli (quelli “pubblicati”) disquisiscono ancora in termini di Stati e nella contingenza attuale sostengono che l’Iran, la Cina e la Russia sono fuori dal ‘Sistema Occidentale’ o che – quanto meno – rispondono ad un padronedifferente dagli Stati Uniti e dall’Europa. Globalisti per vent’anni, oggi si riscoprono revanscisti dellafavola della destra e della sinistra. Non può esistere localismo politico in un contestoeconomicamente globalizzato. Gli Stati nazionali non esistono più da un pezzo.
Nulla esiste più da un pezzo perché nulla è come la gente crede che sia, da generazioni. Tutto è reale ma nulla è vero.
La politica è un teatro di pupi, recitano tutti; l’economia è una barzelletta costruita affinché il pollame accumuli debiti (in ultima analisi inesegibili); la finanza è un casinò coi tavoli truccati; l’arte è decaduta ad intrattenimento e/o propaganda; i preti celebrano matrimoni e si fanno spompinare dai chierichetti tanto un vescovo tedesco insegna loro come farla franca; l’aria, le acque e le terre sono inquinate da sostanze tossiche che siamo noi i primi a far finta di non vedere; il sole è perennemente oscurato da scie di veleni spruzzati appositamente per noi. Ma che ci frega! Tanto le vaccinazioni ci hanno condannato ad essere handicappati per tutta la vita. La mia generazione e quelle successive sono spacciate dalla nascita. Quei babbei dei nostri genitori ci hanno fottuto l’esistenza al terzo mese. Siamo tutti sulla stessa barca. Bianchi, neri, gialli, giovani, vecchi, alti, bassi, belli, brutti, polli e somari. Siamo tutti sulla stessa fottutissima barca. Rendersene conto aiuta a sollevare un poco le palpebre.
Aprire gli occhi oggi, per come la vedo io, non significa soltanto rendersi conto delle evidenti storture del sistema e non significa nemmeno scoprirne qualcuna in più degli altri. Coloro i quali hanno compreso la futilità del discorrere di politica ‘nazionale’ in un mondo privo di poteri nazionali non sono affatto fuori dal coma. Coloro i quali hanno imparato ad osservare l’evolversi degli eventi umani, oltrepassando almeno in parte la coltre di menzogne e luoghi comuni di cui siamo quotidianamente sommersi dalla nascita alla morte, godono di un punto di vista favorevole ma ciò non è ancora sufficiente.
Aprire davvero gli occhi sulle dinamiche del potere, per chi ha già assolto i due punti precedenti, significa rendersi conto che non c’è modo di arrestare il processo, significa accorgersi ed ammettere che le forze in gioco sono così sproporzionate che né un singolo, né un gruppo più o meno organizzato, né uno Stato (se mai ne esiste ancora qualcuno) possono opporsi al programma stabilito. ‘Quelli a cui non frega un cazzo’ sono e saranno sempre la maggioranza preponderante della comunità. Cercare di spiegargliela ad uno ad uno, o cento per volta, non è la via.
Se siamo davvero consapevoli della longevità della gestione del potere mondiale e della diffusione virulenta del male dentro ed intorno a noi, se davvero riusciamo ad ammettere a noi stessi quanto siamo a tutt’oggi condizionati fino alla più banale delle azioni e alla più indubitabile delle convinzioni, se rigettiamo l’orgoglio ed accettiamo l’umiltà, se davvero ci lasciamo folgorare dal dubbio, allora – caro mio – benvenuto nelclub di chi ha capito che non c’è verso di ‘sconfiggere i cattivi’.
E non sono di certo quattro blogger del terzo millennio i primi ad essersi resi conto di come gira la fiera, che i padroni vincono sempre. Se ne sarà ben accorto qualcun altro nel corso dei secoli che da Babilonia ci hanno condotto all’oggi. Qualcuno si sarà ben reso conto dell’inevitabilità della faccenda, che il banco vince sempre, che i lieto fine li hanno inventati loro perché tutta la letteratura scolastica (ossia la sola letteratura a cui accede il 90% dei non analfabeti italiani e del mondo) è roba loro. E sono loro le canzonette, il cinema, i media di massa, le banche, le multinazionali, gli eserciti, le religioni, i governi, i servizi segreti, le proprietà immobiliari, le riserve auree ed alimentari, i brevetti, le sementi, le terre e le foreste e dai! E’ tutta roba loro. E’ tutta roba loro!
Possiamo cliccare tutti i “Mi Piace” che vogliamo. A questi non gli torciamo un capello.
E se mai riesci ad aprire uno spiraglio in uno qualsiasi degli ambiti del potere, se la tuaaudience supera il limite permesso, se fai un passo oltre, se caghi fuori dalla tazza questi ti fanno sparire e nessuno si ricorderà mai di te, i tuoi parenti penseranno ad un incidente e ciao. La lista dei suicidati è lunga.
Dal canto mio considero l’attività di ricerca della blogosfera, con tutti i suoiinconvenienti, un’attività assolutamente meritoria ed utile, uno splendidoescamotage per riempire il tempo. Cosa buona, insomma. A livello individuale può essere considerata una via per dare un senso al proprio vivere sociale, un fare la propria parte. Di certo è l’ultima spiaggia di buon senso che resta al mondo della comunicazione. Ma non sarà mai “la” soluzione o parte della soluzione perché non c’è una soluzione, perché non c’è una verità. La blogosfera non impedirà l’avvento dello shock. Lo shock è inevitabile.
Farsene una ragione e cominciare a discutere partendo da questa premessa può aiutarci ad interpretare meglio la domanda che ormai ci perseguita da otto puntate: “Chi comanda a questo mondo?”
Chi è il capitano della tinozza da crociera su cui siamo tutti, volenti o nolenti, imbarcati?
Perché la prua punta dritta su quel grosso iceberg?
Scusi, mi può indicare la toilette?
IX CAP
Se sei arrivato a questa pagina ancora sveglio, converrai con me che non serve a una mazza discutere dell’atteggiamento dei sindacati sulla questione dell’articolo 18, oppure analizzare le correnti del PD o le orge di Prepuzio Mussoloni. Può divertire, ma non serve ad altro. La discussione ‘politica’ attuale è tuttoentertainment buono per riempire i palinsesti televisivi tra un serialammericano e un telequiz. La politica era un potere, oggi è una branca deimedia. Decidono altri.
Purtroppo è evidente che non serve a nulla nemmeno sviscerare proposte alternative, tutte di gran lunga migliori di qualsiasi cosa i reggenti del globo hanno in serbo per noi ma tutte costrette nell’imbuto otturato della politica locale che, come detto, non esercita più alcun potere decisionale. Di proposte notevoli ed intuitivamente condivisibili ce ne sono parecchie, tipo riappropriarsi della sovranità monetaria, uscire dall’ONU, secedere dalla Comunità Europea, bombardare la Svizzera, trombare la Minetti e via discorrendo. Hanno tutti ragione, son cose che andrebbero fatte, ma non accadrà.
Io non sono in grado. Nessuno, da solo o in allegra comitiva, è in grado di realizzare tutti i punti segnalati. Nemmeno ricorrendo alla violenza. Si potrebbe, con spirito positivo, cominciare dall’ultimo – di gran lunga il più accessibile – ma subito dopo bisognerebbe bombardare la Svizzera, proposito non semplice da realizzare. Figuriamoci riappropriarsi della sovranità monetaria!
Quella progettata dai reggenti è una prigione con le porte aperte e – in definitiva – un posto di merda. Eppure piace. Forse in un lontano passato era differente, ma adesso è proprio una fottuta prigione di merda. Di sangue e merda, per l’esattezza. Eppure piace.
Il problema è che piace. Il vecchio Benito si chiedeva: “Come si fa a non diventare padroni in un paese di servitori?” e il vecchio Indro rispondeva: “La servitù, in molti casi, non è una violenza dei padroni ma una tentazione dei servi.” Uscirne si può, ma piace. Così ne escono in pochi.
A tal proposito, parecchi lettori a cui piace si sono lamentati del fatto che, giunti ormai al nono capitolo della saga “Chi comanda a questo mondo?”, non siano ancora usciti i nomi. Dimmi il nome! Fuori i nomi!
Eccoli qua, i vostri cazzo di nomi. Ecco i ricconi che dovete convincere a fare i bravi:
La famiglia REYNOLDS, la famiglia DUPONT, la famiglia ONASSIS, la famiglia LI, la famigliaROCKEFELLER, la famiglia ROTHSCHILD, la famiglia FREEMAN, la famiglia KENNEDY, la famigliaCOLLINS, la famiglia ASTOR, la famiglia BUNDY, la famiglia VAN DUYN, la famiglia RUSSEL.
Altri cattivoni sono diponibili a questo link.
Esclusa l’ipotesi aliena, ci sono altissime probabilità che quelli testé elencati stiano in cima alla catena alimentare del pianeta Terra. Chi li conosce? Chi li ha mai visti in faccia?
A questo punto, lasciamelo dire, sapere chi comanda a questo mondo mi interessa relativamente. Non è viltà. E’ buon senso. I nomi ed i cognomi – e gli indirizzi – non sono poi così importanti. E’ una battaglia persa in partenza. Cosa vorresti fare?
Li vai a prendere a casa per dirgliene quattro? Scordatelo. Sono introvabili e – non sia mai che li trovi – inavvicinabili.
Oppure fai una bella denuncia? A chi? Alla magistratura italiana che è metà al soldo loro e metà al soldo delle mafie regionali? Ah! Ah!
Oppure ti butti in politica? Ah! Ah! Ah! Magari ce la fai e a furia di volantini diventi presidente del consiglio. Bravo, poi fai un bel decreto legge che ristabilisce tutte le sovranità che l’ex-StatoItalia non ha più da tempo, spedisci almeno un milione di burocrati agli arresti domiciliari e aspetti. Cosa? I droni della NATO, ovviamente. Ma magari sono occupati in Siria o in Iran e hai qualche giorno per sfogarti. Che fai? Instauri una dittatura benevola? Sei in ritardo. La dittatura benevola l’han già presa, molti la chiamano Nuovo Ordine Mondiale e per noi italiche genti in menù ci sono manganelli e salassi fino ad esaurimento scorte. Ah Ah! Sì, buttati in politica. Comunque ne riparleremmo tra vent’anni, se va bene.
Lotta armata? Ci hanno già provato. Non funziona. Loro hanno i carri armati e i droni e a te hanno tolto la mutua.
Fondi una nuova religione? Potrebbe funzionare, ma ci vogliono secoli e qui il tempo stringe.
Allora, col duro e onesto lavoro, accumuli un piccolo capitale che poi reinvesti in un’attività tutta tua e poi, piano piano, metti via i soldini sotto il materasso e poi… e poi fammi il piacere, questi qua fanno girare i fantastiliardi, a paccate. Un mese fa Mario Draghi ha timbrato un foglio che elargiva mille miliardi di Euro alle banche dei signori elencati poc’anzi. Mille miliardi di euro. Hai voglia il gruzzoletto.
Fai carriera e risali le piramidi della paura? [Cara, hai stirato il grembiulino? Non ancora? Cazzo! Ci vuole una tiratina. Sniff. Stronza, ma non lo sai che l’occhio ti vede? Dov’è il Ritalin? Tutto vede quell’occhio! Stronza. Passami il compasso che ho fretta stasera c’ho il rito. Tiratina.Sniff. Ciao.] Vuoi vivere così?
Ed eccoci a noi. Resta il mondo dellacomunicazione. Al popolo è impedito l’accesso a tutti gli altri poteri, monopolizzati dall’establishment, ma per qualche ragione i reggenti ci lascianouno spiraglio mediatico in cui soffiare liberamente, per adesso. Questo spiraglio io lo chiamoblogosfera. E’ piccola cosa, un brufolo in ombra sul grande culo luccicante della comunicazione. Meglio di un calcio nelle palle, comunque.
Di primo acchito vien da pensare che sia una trappola, un pò come Google, Facebook e tutto il resto. Ci esponiamo, praticamente ci selezioniamo e schediamo da soli e poi, una notte, il blitz. Può darsi. Speriamo di no.
Di primo acchito vien da pensare che sia una trappola, un pò come Google, Facebook e tutto il resto. Ci esponiamo, praticamente ci selezioniamo e schediamo da soli e poi, una notte, il blitz. Può darsi. Speriamo di no.
Forse i reggenti non sono poi spietati come li si dipinge e ci lasciano un pò d’ossigeno per non spegnere del tutto il cervello, il nostro ed il loro. Non possiamo fare un gran male, dopo tutto. Forse, come gli altri, ci permettono di esistere perché siamo utili ai loro scopi o forse perchésenza la blogosfera questo web, per non dire questo mondo, sarebbe davvero di una noia mortale.
Per quanto mi riguarda, se non esistesse la blogosfera, non saprei che farmene di internet. Me ne andrei definitivamente fuori dal sistema, in un qualche luogo non raggiunto dai tentacoli della telefonia mobile, in spiaggia magari, a fottere e fottermene.
E a magnare pasta al pomodoro.
X CAP
X CAP
Se i reggenti non sono poi tanto spietati con la blogosfera, di certo lo sono con la gente in carne ed ossa. Il restyling in corso dell’architettura sociale italiana è una prova che la mano del padrone si fa sempre più pesante.
Le linee guida relative al mondo del lavoro, per esempio, sono più delineate di altre. Va premesso, per chi non lo sapesse, che il lavoro è il cappio che tiene gli individui legati al sistema. Non il lavoro inteso come operosità, o “fare cose”, ma il lavoro inteso come propria fonte di sussistenza. Mi spiego: un milionario che intaglia statuine di legno e le vende al mercato delle pulci travestito da barbone non è uno che lavora e nemmeno un comunista; è soltanto un operoso stravagante. Invece, un individuo anche elegante che col suo salario, qualsiasi esso sia, arriva più o meno a fine mese e se perde l’impiego si trasforma in unhomeless appiedato con tutta la sua famiglia, quello è uno che lavora, uno che non può decidere di smettere, uno schiavo del sistema, uno col cappio al collo, per l’appunto. Non acaso, il motto sul cancello all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz recitava: il lavoro rende liberi. Il danno e la beffa, come si suol dire.
Ecco, a proposito delle ‘politiche’ intraprese su suolo italico in merito al ‘mercato del lavoro’, ovvero la ‘tensione’ della ‘corda’ decisa dal padronato, le linee guida dei reggenti possono dirsi ben delineate:
- Precarizzazione di massa nel settore privato, che provocherà il definitivo crollo dei consumi, che spazzolerà via buona parte della piccola e media impresa borghese lascito del secolo scorso e farà sprofondare la classe media al rango di proletariato. Con la media e piccola borghesia spariranno anche quei movimenti culturali e politici che la rappresentano a livello sociale e mediatico. La televisione, l’extasy dei popoli, contribuisce da anni allo scopo, burinizzando le masse. Chi pensasse che c’è tempo per reagire, che questo è solo l’inizio, si renda conto che quella che ha raggiunto la maggiore età negli ultimi anni è già la terza generazione di lobotomizzati dal piccolo schermo. La tivvù e la pubblica (d)istruzione hanno da tempo proletarizzato i cervelli dei giovani d’oggi, anche di quelli borghesi. Non si torna indietro.
- Oltre che nelle masse, sta già avvenendo una certa selezione anche ai piani alti, specie nella borghesia industrialotta e trafficona, quella che si è sempre riconosciuta in Prepuzio Mussoloni, per intenderci. Ai piani medio-alti delle piramidi l’abdicazione di solito si consuma negli uffici degli avvocati. Chi si avvede in tempo di essere fuori dai programmi dei monopolisti dominanti può trattare una buonuscita e ritirarsi a vita privata. Agli altri ci pensa la magistratura, tanto nessuno ha l’armadio vuoto. Chi ha vissuto Tangentopoli sa di cosa parlo.
- I reggenti, al contempo, stanno fidelizzando l’apparato burocratico, preservandolo de factodalle ‘riforme’ in corso, sia fiscali che contrattuali. Vedendone la convenienza, una parte dell’alta borghesia che conta ancora su certe sovranità dello Stato confluirà in questo apparato in un maldestro ritorno al medioevo dei notabili. Aumento della pressione legislativa (scartoffie) e aumento della pressione giuridica (strabismo nella lotta all’evasione fiscale) faranno il resto.
Insomma, sembra di stare nella Russia del 1916. Gli stravolgimenti sociali e la selezione delle gerarchie in piena attuazione provocano attriti a tutti i livelli delle piramidi della paura. C’è chi dice che l’equilibrio precario potrebbe spezzarsi alla base (rivoluzione popolare) oppure più sù (colpo di Stato). Propendo per la prima ipotesi e porto due ragioni a sostegno: la prima è che l’alta borghesia italiana è tutta, in un modo o nell’altro, aggrappata ai mutandoni ben oliati dell’apparato statale, la seconda è che anche solo un abbozzo di rivoluzione popolare provocherebbe il caos e consentirebbe una sanguinosa repressione.
E’ una prigione di sangue e merda, non scordiamocelo.
E in fondo sono soltanto detenuti che si accoppano tra loro.
Basta chiudere un occhio e lasciarli fare, per un pò.
XI CAP
“Un potere è innocuo soltanto quando
chi è consapevole di possederlo
è già persuaso a non farne uso.”
Dunque, fino a questo punto abbiamo accertato alcune evidenze: a prescindere dalla forma pubblica che assume, la gestione del potere si esprime dall’alto verso il basso. Esercita potere un padre che educa un figlio, un vigile che alza la paletta dal bordo della strada, uno Stato che esige l’IMU dai suoi cittadini e via discorrendo. In generale, ogni interazione sociale in cui vi sia condizionamento dell’agire altrui è una manifestazione di potere.
Tralasciando i minuscoli ambiti in cui la gente comune si sollazza ad esercitare le briciole di potere che le sono concesse, risalendo le piramidi della paura incontriamo forme più organizzate di amministrazione del condizionamento. Nel recente passato, nell’immaginario collettivo, esse venivano attribuite alle gerarchie e burocrazie degli Stati nazionali (parlamento, magistratura, esercito e via discorrendo), in una parola: le istituzioni. Ci si attendeva, in contropartita, che tali istituzioni impersonali esercitassero il potere loro ‘concesso’ con equità, a beneficio del popolo, che assumessero le leggi a metro del proprio agire ed il senso dello Stato a faro.
Come abbiamo ampiamente osservato nella realtà quotidiana e nei capitoli precedenti, non funziona così e ad oggi è ormai chiaro che la gestione dei ‘poteri superiori’ è slegata dai contesti statali di cui dall’alto ci si serve come copertura e braccio operativo. Sempre più osservatori parlano di ‘poteri forti’, di ‘élites al potere’, di ‘monopolio del potere’, di ‘dinastie millenarie’, ‘oligarchie’, ‘lobbies’ e via discorrendo.
Ma se comandare significa esercitare potere, in cosa consiste in effetti il potere?
Il potere esiste quando c’è almeno un individuo che lo esercita ed almeno uno che lo sopporta. In assenza di uno dei due attori, il potere non è esercitabile.
Ora, se sei arrivato fin qui, presumo che tu stia nel gruppo di quelli che lo sopportano, come me, ma non con gusto. Se è così, il primo punto da chiarire è: “Ti vuoi liberare del condizionamento altrui?”, “Vuoi davvero smettere di sopportare?”.
Non è detto, infatti, che al tuo sentirti oppresso e sottomesso si accompagni anche la volontà di uscire dalla situazione in cui ti trovi.
Per esempio, se tu fossi assolutamente certo che la maggior parte dei tuoi pensieri, delle tue inclinazioni e delle tue scelte sono condizionate da quello che guardi in tivvù, se lo sapessi per certo, saresti capace di staccare la spina e di portare l’intruso elettrico dal primo rigattiere?
Per esempio, se tu fossi assolutamente certo che qualsiasi alimento confezionato (qualsiasi cibo soggetto ad una forma di packaging) è più nocivo che utile alla tua salute, se tu lo sapessi oltre ogni ragionevole dubbio, saresti pronto a rimboccarti le maniche e cercare un accesso ad alimenti privi di conservanti, coloranti, emulsionanti, resti di questo e quello, etc. etc.?
Per esempio, se tu fossi assolutamente consapevole che le scie chimichepersistenti rilasciate da certi aerei nel cielo sopra la tua testa sono dei veleni che, per via respiratoria o alimentare, sono destinati al tuo corpo, se la cosa ti fosse lampante, saresti pronto a trasferirti in un contesto in cui quei veleni non vengono spruzzati?
Pensa a chi vive a ridosso di centrali nucleari, raffinerie, antenne di Radio Maria, miniere. Ci sono cittadine col 40% di malati di tumore eppure quelli mica si muovono da lì. Crepano a quarant’anni e costringono i figli al medesimo destino piuttosto che fare i bagagli. La decimazione continua, eppure è sotto gli occhi di tutti.
Quindi, non è sufficiente rendersi conto di essere servi per smettere di esserlo.
E’ un buon inizio, ma non basta.
XII CAP
Questo è il dodicesimo ed ultimo capitolo. Il primo è qui.
“Agli stolti non si può insegnare;
ai pavidi ed agli increduli si può
provare ad essere d’esempio.”
Dopo tanto peregrinare siamo arrivati ad inquadrare con sufficiente nitidezza il rapporto servo-padrone su cui si basa il gioco in cui siamo immersi. L’atteggiamento del servo nei confronti del sistema in cui è inserito può essere fondamentalmente di tre tipi:collaborazione, sopportazione,rifiuto.
Ormai conosciamo a menadito i collaboratori del sistema, i servi ricchi, lepecore scaltre, gli alpinisti delle piramididella paura, gli iniziati in cappuccio e grembiulino, i banksters senza scrupoli, gli elegantoni con gli armadi pieni di scheletri, le facce di tolla, i marchettari. Vanno incontro al loro destino a lunghe falcate.
Al contempo possiamo dolerci ma non adirarci della condotta della maggioranza, ossia di chi pensa di risolvere la propria vita sopportando. Lo abbiamo fatto anche noi per anni, fino al momento in cui abbiamo avuto il privilegio di trovare la forza di mettere in dubbio la realtà come ci veniva descritta, la realtà di tutti gli altri. Guardandoci indietro non possiamo che ammettere di essere stati buoni servi per una parte della vita.
Proprio qui sorge il problema. Lo siamo ancora. Consapevoli di esserlo – e per questo meno buoni – ma pur sempre servi. Se dopo aver analizzato la situazione e ponderato le opzioni, scopriamo che il sistema non fa per noi, che non ci va di essere né servi né padroni, allora non possiamo incrociare le braccia ed aspettare che le cose cambino da sé. Si tratta di passare dalle parole ai fatti, altrimenti dopo un pò ci si scopre a grufolare nella greppia di quelli che sopportano il meno peggio e a pigolare in un corteo del PD.
L’anelito alla libertà che pervade i pensieri dei servi che non amano la propria condizione merita di essere tradotto in fatti tridimensionali, palpabili. Studiare, analizzare, criticare, comprendere van bene. Comunicare, informare e stimolare gli altri vanno benissimo. Ma, come detto, non bastano.
Abbiamo visto come il sistema sia infrangibile se si adottano strategie tradizionali, al che nasce spontanea la domanda: “Come si può combattere chi detiene il monopolio dei sei poteri su cui si basa la struttura della società?”
Il sistema non è rivoluzionabile dall’interno, non lo si può affrontare e vincere, ma almeno si può evitare di perdere e quindi di alimentarlo. A tal proposito, oltre un anno fa scrissi un post ‘Se volessi diventare famoso’ che chiudeva così:
“Questa società gioca una strana partita. L’unico modo di vincere una mano pare essere d’astenersi dal giocare.”
Ebbene, il rifiuto del sistema – per non restare mera teoria – può essere tradotto nella pratica nei termini di unaastensione dal sistema. Qualcosa di diverso da una fuga e diverso da una resistenza passiva. Uscire dal sistema, a ben vedere, non è vietato, è soltanto caldamente osteggiato.
Qual è il torto più grande che un servo può fare al suo padrone? Rubargli in casa? Riempirlo di botte? Mettergli il lassativo nella minestra? Trombargli la figlia? No. Smettere di servirlo.
Il bello è che, nel nostro caso, dipende solo dal servo. Chiunque può sciogliere i propri legami, tutelarsi dal sistema senza correre alcun rischio e con buone probabilità di successo. L’obiettivo individuale che ogni servo può porsi per vincere la battaglia per la propria libertà è quindi l’uscita volontaria, senza compromessi, dal rapporto servo-padrone. Sembra difficile soltanto perché gli altri, intorno a te, non lo fanno.
Concludo dunque questo breve pamphlet con una manciata di consigli pratici che mi auguro possano stimolare all’azione gli spiriti più virtuosi. Consigli, tra l’altro, utili a risparmiarsi imbarazzi nel rispondere alla domanda: “E tu, cosa stai facendo per cambiare le cose?”
Ecco cosa fare:
- Smetti di lavorare. Come? Semplice. Non vai a lavorare. Hai bisogno di tutto il tuo tempo, non puoi sprecare energie ed ore preziose. Molla il lavoro, anche se ti piace (poi scoprirai che non ti piaceva affatto). Tanto ti licenzierebbero comunque a breve.
- Vendi tutto il vendibile. Elettrodomestici inutili (praticamente tutti tranne il computer, il rasapeli e i vibratori), veicoli, abbigliamento, etc. Insomma, vendi tutta la roba accumulata in scellerati anni di consumismo. Alla fine dovresti restare con un buon gruzzoletto e al massimo tre valigie. Scoprirai così che gran parte dei mobili che hai comperato non servono a una mazza e venderai pure quelli.
- Riduci le spese all’osso. Come? Sii parsimonioso. Spendi soltanto per cibi e vizi sani, anche se sei ricco. Anzi, soprattutto se sei ricco. Comperare cose è l’attività più idiota che esista, soprattutto se parliamo di servi che comperano cose inutili destinate ad essere accumulate ed infine abbandonate. Meno roba hai, più sei libero.
- Se stai con l’acqua alla gola non darti fuoco, ma smetti di pagare. Tasse, multe, cedole, rate, abbonamenti, etc. Smetti di pagarle tutte. Ovviamente prima svuota il conto in banca e nascondi i contanti in un luogo sicuro. Poi dimenticati dei debiti, rimuovili dai tuoi pensieri. Non ritirare più le raccomandate e se citofona gente che non conosci, non rispondere. Se ti convocano in tribunale non ci andare. Passeranno gli anni ed è probabile che archivino. Se non archiviano, alla peggio ti giudicheranno in contumacia e poi citofoneranno. Tu non rispondere. Torneranno. Tu non rispondere. Dopo un po’ smetteranno di romperti i coglioni, fidati. Non possono farti più di tanto. Se ti prendono prima della prescrizione, dichiarati instabile politico e perseguitato psichico. Ci cascano sempre. Se non ci cascano, manda una mail a Paolo Franceschetti. (Puoi ridurre drasticamente lo stress trasferendoti in Sud America o in Africa dopo aver completato i primi tre punti, anche se non hai l’acqua alla gola.)
- Impara la gratuità nel chiedere e nell’offrire. Se chiedi qualcosa in prestito, rendilo meglio di come l’hai ricevuto. Se presti qualcosa, non aspettarti di riceverlo indietro.
- Leggi, pensa e tromba, leggi, pensa e tromba. Finché ce n’è. Poi fatti uno zabaione e ricomincia.
Tra l’altro, una volta vaporizzati – o almeno ridotti al torsolo – i legami col sistema servo-padrone, una volta liberi insomma, risulta molto più intuitivo trovare una propria risposta responsabile alla domanda che titola questo saggio e decidere, infine, chi comanda a questo mondo.
Agli stolti non si può insegnare; ai pavidi ed agli increduli si può provare ad essere d’esempio.
E, talvolta, si deve.
Fonte http://www.tnepd.com/2012/chi-comanda-a-questo-mondo-i