Questa frase la prenderei come motto:” L’Arte sta nell’andare fino in fondo. Se
cominci con i tamburi devi finire con la dinamite, o col tritolo.” Henry Miller
Oggi copio una pagina, scarsa, del libro “Il tropico del
cancro”, che assieme al “Tropico del capricorno” son due opere eccezionali,
oltre che farti sganasciare dalle risate, ne puoi cogliere tra le righe una
filosofia di vita che scrittori come T.S. Elliot, Aldous Huxley, John Dos Passos
ed Ezra Pound hanno elogiato e amato, e non erano
personaggi qualsiasi questi! Non erano
plebaglia. Naturalmente le opere di Henry Miller furono
proibite nei paesi anglosassoni per diverso tempo, loro, i principi del proibizionismo,
i rompi coglioni per eccellenza, la
stirpe maledetta che già Miller nel 1934 definiva “il virus che infetterà il mondo
intero”, America. Profetico, no?!?!? Il vaso di scarico dei galeotti inglesi e degli affamati di terra,
quelli che non volevano più nel Regno Unito li spedivano in America a
sterminare gli indiani che tanto avrebbero avuto da insegnarci, e che vivevano
meglio di noi sicuramente, il paese che
oggi con le bombe ed i massacri vuole imporre il suo delirante NUOVO ORDINE
MONDIALE. E le pecore belanti tutte a testa bassa. Non è strano che la
polvere da sparo sia stata inventata in Cina ed i cinesi, che tra l’altro sono
in molti più di noi, non abbiamo voluto sterminare e sottomettere altre
nazioni? Forse sbaglio o faccio confusione, ma noi europei, inglesi e francesi
in primis, ne abbiamo fatti di danni nel nome del signore …
Henry Miller, fuggito a Parigi dopo l’esperienza di
amministratore delegato alla Western Union Telegraph Society a New York,
esperienza trattata a fondo nel suo secondo capolavoro, il tropico del
capricorno, preferì fare il clochard nel vecchio continente, nei quartieri
poveri della Parigi anni ‘30, per fortuna nostra scrisse un diario di bordo e nacque
questa splendida opera. Sotto copio una parte che ieri in treno mentre
leggevo mi ha fatto scoppiare in una risata pazzesca, i due stronzi in
questione sono quelli che un discepolo di Ghandi finito a Parigi fa nel bidet
di una casa d’appuntamento perché fraintende delle parole e lo prende per bagno,
potrei intitolarlo “Il senso della vita”, oppure “Il miracolo della vita”. Non sono
nemmeno due pagine, ma la visione del mondo è chiarissima.
Buona lettura
Dioniso777
Sul meridiano del tempo non c’è ingiustizia; c’è
soltanto la poesia del movimento, che crea l’illusione della verità e del
dramma. Se in un momento qualsiasi in un posto qualsiasi, uno si trova
faccia a faccia con l’assoluto, allora si gela quella grande simpatia che fa
sembrare divini uomini come Gesù e Gotamo; la cosa mostruosa non è che gli uomini hanno tratto rose da
questo mucchio di sterco, ma è invece che essi per una qualche ragione, debbano
volere le rose. Per una qualche ragione l’uomo cerca il
miracolo, e per ottenere questo egli è pronto a guadare un fiume di sangue.
Si corromperà con le idee, si ridurrà un ombra, purché per un secondo soltanto
della sua vita possa chiudere gli occhi all’orrore della realtà. Ogni cosa si
sopporta: sfacelo, umiliazione, miseria, guerra, delitto, ennui nella fiducia che dalla
sera alla mattina, accada qualcosa, un miracolo che ci renda sopportabile la
vita. E intanto dentro di noi gira un contatore e
non c’è mano che possa raggiungerlo o fermarlo. Intanto qualcuno
mangia il pane della vita e ne beve il vino, un grasso sudicio bacherozzo di
prete che si nasconde in cantina a gozzovigliare, mentre sopra nella luce della
strada una moltitudine di fantasmi si sfiora con le labbra, e il sangue è
pallido come l’acqua. E dal tormento interminabile e dalla sciagura non può
venir miracolo, nemmeno il più microscopico vestigio di conforto. Soltanto
idee, idee pallide, estenuate, che bisogna ingrassare con la strage; idee che
vengono su come la bile, che affiorano come le budella di un maiale quando si
sventra la carcassa. E così io penso che miracolo sarebbe se
questo miracolo che l’uomo aspetta in eterno si dimostrasse non essere altro
che quei due stronzi enormi che il fedele discepolo molla nel bidet. E
che se all’ultimo momento, quando il tavolo del banchetto è imbandito, e
strepitano i cembali, comparisse all’improvviso, del tutto senza preavviso, un
vassoio d’argento su cui persino un cieco vedesse che non c’è niente più, e
niente meno, di enormi pezzi di merda. Questo, io credo, sarebbe più miracoloso
di ogni e qualsiasi cosa l’uomo abbia mai desiderato. Sarebbe miracoloso
proprio perché nessuno mai avrebbe potuto sognarselo.
[…] Non so
come, ma la constatazione che non c’era più nulla da sperare ebbe su di me un
effetto salutare.
[…] … decisi di lasciarmi andare alla corrente,
di non fare la minima resistenza al destino, in qualsiasi forma si presentasse.
Niente che m’era successo finora era bastato a distruggermi, nulla era andato
distrutto se non le mie illusioni. Io ero intatto.
[…] L’Arte sta nell’andare fino in fondo. Se
cominci con i tamburi devi finire con la dinamite, o col tritolo.
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