"THE END"

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venerdì 15 luglio 2011

La via del dolore, il velo di Maya e l’illusione


A diciassette anni, a digiuno di qualsiasi istruzione scolastica di alto livello, fui turbato dallo strazio della vita , proprio come Buddha in gioventù, allorché prese coscienza della malattia, della vecchiaia, della morte e del dolore. La verità che mi parlava in modo così chiaro e manifesto del mondo, presto ebbe la meglio sui dogmi giudaici che erano stati inculcati anche in me, e ne conclusi che un mondo siffatto non poteva essere opera di un essere infinitamente buono, bensì di un demonio, che aveva dato vita alle creature per deliziarsi alla vista dei loro tormenti, questo indicavano i fatti. Non v’è dubbio che l’esistenza umana esprima il destino del dolore, essa vi è profondamente immersa, non gli sfugge;  il suo corso e la sua fine sono assolutamente tragici: non si può non riconoscervi una certa intenzionalità. Purificati dal dolore giungiamo infine alla negazione della volontà di vita, al ritorno indietro dalla strada sbagliata, alla redenzione, ed è per questo che la potenza misteriosa che guida il nostro destino, e che secondo la credenza popolare è misticamente personificata nella provvidenza, ha pensato di riservarci dolori su dolori. Ma in sé questa potenza e onnipotenza misteriosa è la nostra stessa volontà, e il dolore è sì lo scopo immediato della vita […] Pg 15\16 Il mio Oriente Arthur Schopenhauer


Ogni nostra sofferenza è sempre legata alle nostre brame, peccato che una vita non si possa definire tale senza desideri da sognare e realizzare: ma è vera questa frase, oppure ce lo hanno inculcato in testa che dobbiamo realizzare e desiderare un qualcosa? A che pro dato che siamo esseri passeggeri su questo pianeta. Vero che si desidera solo quello che si vede, e quante ne mostrano a noi poveri esseri di oggetti da desiderare; torniamo indietro anche solo di cinquecento anni, la società degli Indiani d’America , molto più civilizzata di noi, per quale motivo vivevano in armonia con la natura, invece di devastarla la ammiravano e rispettavano e l’amavano più di noi.

L’Illusione è la Maya degli Indiani
Per diventare partecipi della pace, (ossia perché sorga la coscienza migliore), bisogna che l’uomo, quest’essere precario, instabile, temporaneo, finito, nullo, sia qualcosa di totalmente diverso, che non sia più nient’affatto uomo, ma che divenga consapevole di sé come qualcosa di totalmente diverso. In quanto vive, in quanto è uomo, non è soltanto consegnato al dolore e alla morte, ma anche all’illusione, e quest’illusione è reale quanto la vita, il mondo stesso dei sensi, anzi è tutt’uno con essi (la Maya degli Indiani) : su di essa si fondano tutti i nostri desideri e brame, che a loro volta non sono che l’espressione della vita come la vita non è che l’espressione dell’illusione: in quanto vogliamo vivere, siamo uomini, l’illusione è verità, solo in relazione alla coscienza migliore è illusione. Per trovare quiete, felicità, pace, bisogna rinunciare all’illusione, e per far questo bisogna rinunciare alla vita. E’ questo il grave passo, il compito irresolubile della nostra esistenza. Il male di cui soffriamo nella vita, privazione e dolore, ci dà tutte le volte che ci assale, una conoscenza momentanea di cosa sia la vita, è nullo per noi tutto ciò che non riempie lo spazio, non è materia. .[…] Pg 77 Il mio Oriente Arthur Schopenhauer

 La nostra esistenza viene fondata su questa ‘realtà’ che per il novantacinque per cento è per i nostri sensi impossibile da percepire, inesistente, tutta la vita a sbatterci e bruciare la nostra esistenza per possedere delle illusioni, ecco la direzione che abbiamo intrapreso, rincorrere l’inutile.


Dioniso777

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"Per trovare quiete, felicità, pace, bisogna rinunciare all’illusione, e per far questo bisogna rinunciare alla vita."
questa frase di Schopenhauer che fai tua dovrebbe farti pensare che essa è un presupposto e non una dimostrazione del tuo pensiero...
Se fosse ancora vivo chiederei a Schopenhauer se abbia mai pensato all'eventualità che potrebbe essere un obiettivo dell'uomo trovare la quiete. Solo perchè Schopenhauer, o chi per lui, anche a distanza di anni, pensa che non sia possibile essere felici e quiti non significa che in temini assoluti non è possibile essere quieti vivendo, significa solo che per LUI non è possibile essere quieti vivendo. Ma questa colpa è solo sua e non deve ricadere su tutti. Hai mai pensato che Schopenhauer ha scritto tutto quello che ha scritto per deresponsabilizzarsi dalla sua pigrizia del vivere?
Spero di averti dato qualche buon spunto per il tuo ragionamento

*Dioniso*777* ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
*Dioniso*777* ha detto...

Ho fatto dei casini con i commenti!

Grazie per la lettura, uno spunto me l'hai dato in effetti.

Voglio precisare che il titolo del libro è "Il mio Oriente", dove riprende pensieri del Buddha e delle sacre scritture, i Veda, in particolare le Upanishad, lo ricordi il Buddha cosa predicava: "La Prima Nobile Verità è che la vita consiste di sofferenza.La Seconda Nobile Verità è che soffriamo perché desideriamo cose che sono temporanee. Questo è il centro del Buddismo", insomma lui andava predicando che la vita è dolore dal momento in cui si nasce sino alla morte, lui insegnava come vincere questo dolore, perciò Schopenhauer è arrivato circa 2500 anni dopo

PS: Anche il Buddha aveva la pigrizia di vivere, meditava troppo :-) vuole essere una battuta sia chiaro....

PPS: Vedo da questa tua frase
< Se fosse ancora vivo chiederei a Schopenhauer se abbia mai pensato all'eventualità che potrebbe essere un obiettivo dell'uomo trovare la quiete>
,che non hai mai letto di Arthur S. "Aforismi sulla saggezza del vivere"
te lo consiglio vivamente, questo libro è dedicato solo ed esclusivamente alla ricerca della serenità, un libro bellissimo che riprende molti temi oramai dimenticati, l'essenza dell'uomo per esempio e le nostre vere necessità

LKWTHIN

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