Questo governo apparentemente dovrà far vedere che propone la realizzazione anche di politiche sociali perché la gente non ce la fa più, ormai non c’è speranza di futuro per i giovani; non si parla di precarietà del lavoro, è precarietà della vita. Per non parlare di come vivono gli immigrati nel nostro paese, in condizioni disagiate, di miseria e repressione. Ormai disoccupazione e precarietà sono questioni che toccano drammaticamente persone adulte e non solo i giovani. Si parla di suicidi e di atti di follia, ma la gente non diventa improvvisamente pazza; ci si ritrova a 50 anni con due o tre figli senza sapere cosa dargli da mangiare, come pagare l’affitto o il mutuo della casa, una vita da buttare senza un futuro, perché riproporsi sul mondo del lavoro dopo un licenziamento a quell’età è di una difficoltà incredibile.
I politici hanno paura che la profondissima crisi economica e sociale possa portare ad un antagonismo duro, ad un conflitto forte che coinvolga sempre più ampi settori della società: per questo fanno proposte anche a carattere apparentemente di protezione sociale per tentare di placare la rabbia popolare, si teme la rivolta collettiva e non più il gesto individuale di un disperato. Si parla allora di reddito garantito, di nuovi ammortizzatori sociali, ma non saranno politiche sociali rivolte al welfare universalistico quanto piuttosto a un "welfare dei miserabili”; è finita la fase del capitalismo moderato e keynesiano, non ci sono più i margini di profittabilità che permettano al capitale una politica seppur minimamente redistributiva. Una parte misera, più che povera, della società beneficerà di provvedimenti di qualche centinaio di euro. Ma i soldi pubblici delle nostre tasse continueranno ad andare alle banche e alle imprese, non alle politiche per uno Stato sociale allargato.
I tagli saranno per l’ennesima volta proprio sul welfare universalistico, quindi su istruzione, scuola, università, sanità, pensioni, edilizia pubblica, ammortizzatori sociali del lavoro ad ampia protezione. I tagli che vengono e verranno sempre più effettuati riguarderanno la spesa sociale, ma non la spesa pubblica complessiva. La spesa sociale è una parte minima della spessa pubblica; quest’ultima comprende anche le spese militari e tutta una parte di flussi di denaro proveniente dalle nostre tasse e che va a finire al sistema bancario ed al sistema d’impresa in forma di defiscalizzazioni, di incentivi, di voluta e favorita evasione ed elusione fiscale. Il governo dei tecnici di Monti aveva come obiettivo quello della riduzione del deficit e del rapporto debito pubblico/Pil, ciò ovviamente per mantenere un livello alto di competitività internazionale della Germania; e per favorire tale ruolo e funzione del capitalismo a guida tedesca, occorre che alcuni paesi si sacrifichino.
Questi sono i cosiddetti Piigs, acronimo che sta per Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, ma che vuol dire anche maiali: è questo il nuovo termine offensivo utilizzato per indicare le vittime di un processo di ristrutturazione capitalistico, così come “terroni” o “mangia terra” erano i lavoratori migranti del Sud che dovevano garantire lo sviluppo del “miracolo economico italiano”. Monti ha tagliato lo Stato sociale e il rapporto debito/Pil è aumentato. Dove vanno a finire i soldi delle nostre tasse? Vanno con flussi enormi a chi ha determinato questa crisi, cioè al sistema bancario e finanziario. È come se avessimo davanti a noi un boia che ci mette il cappio al collo e, invece di combatterlo duramente per imporgli di smetterla, lo alimentassimo affinché continui a farlo fino a farci morire impiccati.
Le banche ci hanno distrutto la capacità di acquisto reale e di vita e lo Stato continua a dare i soldi alla speculazione finanziaria e alle banche, e non a redistribuire al lavoro, al lavoro negato per rendere il maltolto a chi la ricchezza sociale davvero l’ha creata con il proprio sangue e sudore. Ancora nei prossimi mesi, con la scusa della competitività internazionale continuerà ad andare denaro ai grandi potentati economici, in particolare a quelli del sistema bancario e finanziario. Inoltre si delinea una lotta per diminuire il potere salariale d’acquisto dei lavoratori e quindi anche il potere che i lavoratori possono avere nella società: questo perché pensano che un lavoratore costretto alla miseria, alla precarietà, a non avere casa, possa essere meno conflittuale avendo come priorità la sopravvivenza. Però qual è il limite di questa politica? Che la gente potrebbe non farcela più. E quindi le reazioni sociali collettive potrebbe andare fuori controllo.
(Luciano Vasapollo, estratto dell’intervista “Governo Letta, il ritorno della Balena Bianca”, realizzata da Gianmarco Dellacasa e Simone Mucci e pubblicata l’11 maggio 2013 da “OltreMediaNews”).
Letto su Libre .
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6 commenti:
Vorrei sapere quando si agira'...boia d'un mondo can
Sembrerebbe che a certe cose non vi sia rimedio e quella e' la direzione
da seguire; l'unica ed indiscutibile.Intanto tutto procede come loro dicono...senza remore...la soluzione finale l'attueranno come e quando
vogliono...la cura e' iniziata.
Quando si agirà ... e se la soluzione fosse l'opposto, cioè non agire?
... piccolo dubbio!
Ogni cosa è vera solo se è vero il suo contrario.
Non ricordo chi l'ha scritta, ma è una teoria che dovremo sempre tenere presente.
Le nostre azioni quotidiane sono i piccoli mattoncini che costruiscono la più grande storia mai vista, la vita, e proprio quando noi pensiamo che "tanto" cosa posso farci io? Bene, li stiamo facendo il gioco per cui siamo stati programmati.
Riflettici.
CViao
se tutti i popoli incrociassimo le braccia e si rifiutassero di "servire", probabilmente allora, la non azione potrebbe provocare il crollo del sistema... ma osservando attentamente anche il non fare è un fare a tutti gli effetti...
Il governo siamo noi, il nostro modo di vivere!
Pensiamo che una rivoluzione risolva il problema?
Ma neanche per sogno. La nostra è una crisi di pensiero ... leggiti questo bel pezzo:
http://fintatolleranza.blogspot.it/2012/11/da-leggere-assolutamente-se-volete.html
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